Violenza di genere; negli ultimi decenni sono stati compiuti sforzi significativi per riconoscerla, eliminarla e prevenirla in tutte le sue forme. Eppure, anche questo 25 novembre ci lascia con una sensazione di incompiuto e di amaro. Se è vero, infatti, che “La violenza contro le donne è una aperta violazione dei diritti umani, purtroppo diffusa senza distinzioni geografiche, generazionali, sociali”, come ci ricorda il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, lo è altrettanto che, per troppe donne, il diritto a una vita libera dalla violenza non è ancora un orizzonte concreto. Lo ricordano le tristi cronache che testimoniano come non si fermi la mattanza delle donne. Siamo all’anniversario del femminicidio di Giulia Cecchetin, che l’anno scorso aveva portato tutto il Paese, anche a Rimini con una partecipazione eccezionale, in piazza, a indignarsi e a dare la speranza di una svolta epocale. Ma tante e sempre più giovani hanno invece continuato a subire una simile, tragica sorte. Per questo ripeto da tempo che, se i centri antiviolenza sono necessari per dare cura, aiuto, supporto e sicurezza alle vittime, è altrettanto importante agire sulla leva culturale, da cui può e deve passare il vero cambiamento. Su tutti ricordo ad esempio il dovere di riconoscere la capacità di autodeterminazione di noi donne, un tema molto ampio che interpella in realtà la libertà di tutti. Costruire percorsi di autonomia è fondamentale per trovare la forza e il coraggio di uscire da una gabbia, da una condizione che spesso ha generato, oltre alla povertà, un isolamento sociale. Si tratta di uno strumento importante per favorire il processo di una reale emancipazione: economica, lavorativa e sociale.
Cosa fa la Regione Emilia-Romagna: dal 2020 più di 20 milioni per i centri antiviolenza
La Regione ha fatto tanto, a partire dal Reddito di libertà, con il triplo di risorse investite ad integrare quelle annuali dello Stato, i 20 milioni con cui dal 2020 finanziamo i centri antiviolenza, quest’anno con 𝟲𝟬𝟬𝗺𝗶𝗹𝗮 𝗲𝘂𝗿𝗼 𝗶𝗻 𝗽𝗶𝘂̀ dal Fondo per i diritti e le pari opportunità, in totale 𝟮,𝟱 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗲𝘂𝗿𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗻𝗼 𝟮𝟯 𝗰𝗲𝗻𝘁𝗿𝗶 𝗮𝗻𝘁𝗶𝘃𝗶𝗼𝗹𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗲 𝟱𝟱 𝗰𝗮𝘀𝗲 𝗿𝗶𝗳𝘂𝗴𝗶𝗼: al Comune di Cattolica arrivano 66mila euro, 163 mila euro al Comune di Rimini e 46mila euro ai Comuni della Valmarecchia. Non solo servizi; dalla cultura alle reti donne, passando per la sensibilizzazione che è partita dal mondo della scuola, con la formazione dei docenti e non solo, per arrivare a tutte e tutti con campagne di comunicazione mirate e diffuse in maniera capillare sul territorio.
Per veicolare questo importante messaggio abbiamo utilizzato ogni mezzo, incluso il linguaggio artistico capace talvolta di arrivare in modo più immediato e diretto, organizzando mostre nei locali dell’Assemblea legislativa e della Giunta regionale, o creando preziosi momenti di confronto e scambio anche interculturale.
Sempre più le giovani che contattano i Centri antiviolenza
Sono sempre più giovani le donne che segnalano una violenza o si informano per avere più strumenti ai nostri Centri antiviolenza. Denunciare una violenza è un atto che richiede coraggio. Abbiamo il dovere di sostenere le donne che hanno la forza di farlo, assicurando le necessarie risposte in tema di sicurezza, protezione e recupero.
I servizi ci sono e saranno potenziati, ma la mia speranza è che a fare la rivoluzione sia una cultura del rispetto che investa sulle generazioni più giovani, a partire dalle famiglie, dalle scuole, da quelle relazioni di tutti i giorni in cui deve germogliare il seme della speranza, del rispetto e della convivenza finalmente matura, piena ed egualitaria.