Il sole a colori per l’equinozio di primavera, catturato dall’osservatorio spaziale Soho di ESA e NASA, sembra un’opera di Mirò. E’ curioso come la sua immagine a diverse lunghezze d’onda, ciascuna sensibile a temperature differenti, abbia la stessa vivacità cromatica del dipinto “Sole rosso” (1967) dell’artista spagnolo. Il guardare oltre il visibile porta comunque un’impronta surrealista, sia nella pittura che alla NASA. Se la corrente artistica tra le sue caratteristiche antepone l’artificio alla natura, le osservazioni spaziali ci dimostrano che anche nell’artificio c’è un realismo di fondo. Il padre del realismo terreno del sole è senza dubbio Claude Lorrain, pittore del Seicento “che rappresentò in modo meraviglioso il sole dall’alba al tramonto” (dalla sua lapide nella Chiesa della Santissima Trinità dei Monti a Roma). Tutto nella sua pittura è attratto dal potere catalizzatore della stella sul fondo, una gravità che permette di cogliere l’essenza della luce. Nessun significato simbolico. La sua rivoluzione fu proprio dedicarsi al sole ponendolo nel cielo senza virtuosismi o effetti luminosi che sappiano di artificio. Ma la nuova immagine spaziale catturata da Soho avvicina Mirò a Lorrain, dimostrando come a volte il surrealismo e il realismo siano convenzioni che possono mischiarsi in base al punto di osservazione. John Ruskin (pittore e scrittore britannico dell’Ottocento) puntualizza come “fino al tempo di Claude nessuno aveva pensato di dipingere il sole se non come una stella rossa o gialla, spesso con un viso nel mezzo”. Viso in mezzo al sole che possiamo ammirare ad esempio nella celebre “Crocifissione Mond” di Raffaello (1502-1503), riprendendo la tradizione iconografica medievale la stella assiste alla scena sacra, vigile e perfetta. Ad oggi è quella l’immagine solare più surrealista che abbiamo.
Stefania Bozzo
Opinioni
10:55 | 30/08/2018 - Dal Mondo