Certo ci resteranno i contorni netti, incisi e taglienti delle montagne del pittore svizzero Ferdinand Hodler. Nelle sue opere di fine ‘800-inizi’900 tutto si purifica e si ricompone; la natura rappresentata ha una forma incorruttibile perché l’immagine, giunta quasi a sfaldarsi, abbandona poi qualsiasi deformazione. Le rocce si disperdono solide contro il cielo, indistruttibili. Sono paesaggi freddi e solenni, come il suo dipinto “Grand Muveran” (1912); la montagna delle Alpi bernesi vista dalla cittadina svizzera di Villers si scaglia definita e
calmissima su un cielo limpido. Se oggi il pittore osservasse dal versante svizzero il Monte Cervino capirebbe che la sua arte dovrebbe totalmente reinventarsi nuovi contorni, e sarebbe sicuramente agghiacciato dal fatto che il realismo del nostro tempo vira verso una sorta di “distruttivismo ambientale”, senza simbolismo o introspezione.
Il Monte Cervino si sta sgretolando. La sua vetta solenne si arrende di fronte al riscaldamento climatico, gli sbalzi di temperatura sempre più violenti comportano una alterazione
della stabilità della roccia. I ricercatori del Federal Institute of Technology of Zurigo hanno installato sul versante elvetico 50 sensori di movimento, attraverso i quali sarà possibile monitorare eventuali frane. Purtroppo sarà molto difficile bloccare un fenomeno che appare irreversibile; la conformazione attuale subirà delle inevitabili modifiche in tempi geologicamente brevi. Gli scienziati svizzeri, con i loro sensori, possono solo rimanere a guardare. Anche Hodler rimaneva a guardare le sue montagne, e quasi come una
premonizione ne calcava i contorni, li segnava vigorosi come chi ne teme la perdita. L’arte diventa uno strumento per trattenere la natura e la vita. Una natura che andrebbe trattenuta oggi, solennemente, prima che si sfaldi. Le rocce del Monte Cervino si dovrebbero disperdere solide contro il cielo, indistruttibili.
Stefania Bozzo