Ambigui, aggressivi a volte violenti. Sono tanti i ragazzini che rendono la vita impossibile ai loro coetanei riempiendo le scuole e i cortili. Secondo i dati dell’Istat in Italia un ragazzino su due è vittima di episodi di bullismo. L’età maggiormente a rischio è quella tra gli 11 e i 17 anni con derisione per l’aspetto fisico ma anche molto diffuso è il bullismo virtuale. Cosa c’è dietro questo termine e come si può fare per aiutare le famiglie e i ragazzi? Prima di tutto bisogna capire chi sono i veri bulli. I veri bulli sono stigmatizzati, sbagliando, come tipi duri e che hanno un’eccessiva fiducia in se stessi. Ma in realtà, sostengono gli psicoterapeuti, una persona realmente sicura di sè non perderebbe il proprio tempo a mortificare i suoi simili. Dietro ad un bullo si nascondono invece profondi vissuti di inadeguatezza, insicurezza talvolta insospettabile, desolazione e sentimenti di rivalsa. La scuola non è la vera colpevole come erroneamente si pensa. Che ruolo giocano invece i genitori nella formazione di un bullo? Il primo problema è che, in generale, i genitori hanno smesso di educare i figli. Essere genitori infatti non significa appiccicarsi fisicamente ai figli ma bisogna conoscere il loro terreno interiore, andare oltre le apparenze ed utilizzare parametri di valutazione che non siano solo il rendimento scolastico. Inoltre c’è una società di adulti che spesso ci fa vedere comportamenti aggressivi e reazioni sproporzionate rispetto agli atteggiamenti e alle azioni, così come non aiutano la televisione e i social. Serve davvero un cambiamento radicale. In primis tornare ad educare e cercare di capire a fondo i propri figli. L’educazione deve avvolgere tutti: la scuola che deve superare la logica del colpevole e la famiglia che deve abbandonare l’atteggiamento giudicante nei confronti della scuola.
dott. Alessandro Bovicelli