La realizzazione di questo minuto, prezioso monumento religioso riminese, passato indenne attraverso quasi mezzo millennio di storia e muto testimone di tanti avvenimenti cittadini, è strettamente legata alla presenza di Sant’Antonio da Padova nel territorio riminese agli inizi del XIII secolo e al cosiddetto “miracolo della mula “ che avvenne appunto in Piazza Tre Martiri (allora denominata Piazza Grande ) nel 1223. Si narra infatti che l’ animale di un eretico concittadino che risiedeva nella casa di fronte al piccolo tempio, tale Bonvillo, a seguito di una sfida con il Santo, si inginocchiò fra lo stupore dei presenti di fronte all’ostia consacrata nelle mani di quest’ultimo, facendo gridare al miracolo e redimere il riminese non credente. Per ricordare l’avvenuto miracolo venne posta in loco una colonna a futura memoria. Secondo alcuni importanti storici un primo “tempietto“ venne edificato sul posto attorno al 1370 da un certo Pietro di Guido Ricciardelli, che se ne fece economicamente carico, dopo aver acquistato la casa del già citato Bonvillo, per celebrare il sacro avvenimento, ma non vi è assoluta conferma a questa ipotesi. Quasi certamente fu riedificato sulla base del preesistente tra il 1518 e 1532, si presume su disegno del Bramante e fu oggetto di un primo restauro nel 1569. Questo piccolo edificio di culto a pianta ottagonale, di iniziale proprietà della Compagnia di Sant’Antonio, venne successivamente affidato all’Ordine dei Padri Minimi che se ne fecero carico, assieme all’ esercizio religioso nella retrostante chiesa poi sorta, per non disperdere la memoria dell’avvenuto miracolo. Dopo il forte sisma che scosse la città di Rimini nel 1672, dove riportò gravi danni, il tempietto fu restaurato per cura del Cardinale Rospigliosi: all’interno una lapide dell’epoca ricorda riconoscente l’avvenuto ripristino. Nel 1710 venne abbellito con marmi e nel 1724 la cupola venne sanata con una nuova ricopertura in piombo. Durante i restauri del 1922 venne alla luce un affresco interno tuttora visibile raffigurante il trionfo di Sant’Antonio da Padova. Questa piccola cappella aveva alle sue spalle come già citato, l’antica chiesa di Sant’Antonio (visibile in alcune immagini del 1880 qui allegate). I Padri Minimi di San Francesco di Paola erano giunti a Rimini attorno al 1614. Con l’intervento della Compagnia di Sant’Antonio e offerte dei cittadini venne eretta in questo luogo l’antica chiesa che venne affidata all’Ordine dei Padri Minimi per i sacri offici. Consacrata nel 1617, la chiesa crollò rovinosamente nel già citato terremoto del 14 aprile 1672, sisma che danneggiò anche la cappella antistante. Ricostruita ed ultimata nel 1729, e contenente opere di assoluto valore artistico, di fatto non ebbe pace anche nei secoli a venire: la chiesa infatti subì ripetuti danni a causa dei ricorrenti terremoti che colpirono la città di Rimini e, dopo i guasti nel secolo scorso della seconda guerra mondiale, venne abbattuta nel 1960 per erigere la nuova chiesa dedicata a Sant’Antonio da Padova, detta dei “Paolotti “. A tutto questo susseguirsi di eventi il nostro tempietto, caparbio, sopravvisse.
Se si arriva in piazza Tre Martiri oggi, non si può non notarlo ed una visita, come si dice, è d’obbligo. L’aspetto esteriore, architettonicamente ancora estremamente affascinante ed elegante nelle forme, denota comunque un certo degrado con crepe, fessurazioni e distacchi che suggeriscono urgenti interventi di restauro. Entrando con il giusto rispetto che si deve ad un luogo storico della fede riminese, non si può non rimaner colpiti dalla semplicità che pervade il piccolo ambiente. Da dentro, volgendo lo sguardo fuori dalla porta e dalle grate delle piccole finestre si osserva, ora come nei secoli scorsi, l’incedere della vita nella piazza: la piccola “Cappelletta“ di Sant’Antonio sembra davvero una di quelle rare capsule del tempo arrivate da chissà dove. Su tutto catalizza l’attenzione l’altare minimale con l’antica statua del Santo che, nella parte sottostante, conserva ancora la parte sommitale della storica colonna attribuita a Sant’Antonio da Padova e alle sue predicazioni: per quanto disadorno e piccolo, direi quasi trascurato, si ha l’impressione di un ambiente dalla sacralità coinvolgente, unico.
Questo tempio in scala ridotta, così ricercato nelle sue forme sembra quasi un naufrago, una bottiglia gettata in mare secoli addietro e giunta chissà come ai nostri giorni, nelle nostre mani.
Il messaggio che racchiude, per chi lo vuole capire, non ha bisogno di proclami di sorta, tanto è evidente. Solo nel secolo scorso ha visto praticamente di tutto: terremoti, due guerre, il sacrificio dei Tre Martiri, folle oceaniche e comizi di opposte fazioni, traffico, persino noi giovani di allora che ci affollavamo sui suoi piccoli gradini per goderci il sole e ascoltare buona musica… eppure è ancora lì, pronto ad accogliere e far riflettere.
Salvarlo dal degrado e curarlo come un parte di noi non è solo un dovere civico, ma un obbligo morale.
Davide Collini
(Foto Davide Collini e Archivio Biblioteca Civica Gambalunga)