Nuovi elementi emergono dall'operazione "Calypso" della Guardia di Finanza e della Procura di Rimini. E' stato infatti possibile appurare che i componenti di una famiglia di imprenditori del settore alberghiero, seguendo uno schema truffaldino ben consolidato, costituivano ogni anno nuove società (ben 47 dal 2011 ad oggi), con lo scopo gestire numerosi alberghi a Rimini e in prossimità delle scadenze fiscali, le svuotavano di ogni bene, le intestavano fittiziamente a soggetti prestanome (nullatenenti, pregiudicati e in alcuni casi anche reclusi in carcere) e ne trasferivano, infine, la sede all’estero (Albania), allo scopo di ostacolare le procedure di fallimento e per rendere inefficaci quelle di riscossione coattiva. Di queste società, ben 12 sono risultate essere evasori totali, in quanto hanno completamente omesso di presentare le dichiarazioni annuali dei redditi e dell’IVA.
Le società facenti parte della vasta frode quindi evadevano, oltre alle imposte sui redditi e all’IVA, anche i tributi locali, omettendo di versare anche l’imposta di soggiorno riscossa dai clienti; in 12 casi, disattendevano del tutto gli obblighi di presentazione delle dichiarazioni dei redditi e in altri perfezionavano indebite compensazioni di crediti d’imposta risultati inesistenti, avvalendosi della “consulenza” e dell’accesso abusivo alle banche dati da parte di un pubblico dipendente - anch’egli colpito da misura cautelare (arresti domiciliari) - in servizio presso l’Ufficio di Rimini dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Detto Ufficio, in merito, ha fornito massima collaborazione alle indagini.
Oltre agli arresti, il GIP di Rimini ha altresì disposto, nei confronti degli indagati, relativamente a 32 delle società coinvolte, 6 delle quali tuttora attive nella gestione di 7 hotel, il sequestro di beni immobili (tra i quali due strutture alberghiere), beni mobili, conti correnti e ogni altro tipo di disponibilità finanziaria, per un complessivo valore stimato pari a 14 milioni di euro.
L’operazione ha già consentito di segnalare all’INPS e di far attivare il recupero di indebite prestazioni contributive per oltre 2 milioni di euro.