La vicenda dell'educatore respinto perché omosessuale ha assunto una visibilità internazionale, non si può pensare di limitarla a un contesto religioso perchè coinvolge e incide sul senso di comunità e appartenenza che coinvolge tutti e tutte. Ci sono molti aspetti gravi nella vicenda, a partire dalla violazione della privacy del ragazzo che ha visto i suoi affetti messi al centro della visibilità pubblica, il cosiddetto "outing" che è cosa ben diversa dal "coming out" che viene deciso dalla persona stessa. Ma i temi sono tanti e profondi e il dibattito anche nella Chiesa è ampio. Essere omosessuale è incompatibile con l'essere cristiani? È incompatibile coi valori cristiani, e perché? Una persona omosessuale è per definizione un cattivo educatore? In alcune dichiarazioni si è parlato di "applicazione di regole", quindi è una regola che le persone omosessuali, a prescindere da chi e cosa sono, delle loro convinzioni e qualità personali, dal loro comportamento, vengano escluse da certi ruoli? Giovani e famiglie sono consapevoli di questo stigma? Me lo chiedo anche sul piano personale: io, che sono presidente di Arcigay e ho studiato a Cesena, oggi sono un insegnante: devo considerarmi inadatto perché gay dichiarato? Sono domande che coinvolgono il senso di comunità in generale, perché anche le persone di fede vivono nel mondo e si intrecciano col mondo, e non è sufficiente rispondere con astratte posizioni dottrinarie. A leggere attentamente le dichiarazioni diffuse sulla stampa è facile intendere che chi ha operato questa valutazione di esclusione sia di alto grado nella gerarchia diocesana, e certamente per risolvere la questione ci sentiamo di chiedere al vescovo con la sua autorità di ritirare questo provvedimento e di offrirsi a un confronto pubblico per spiegare le sue ragioni, e noi le nostre per cercare anche, possibilmente, un punto di incontro. D'altra parte la comunicazione della Curia parla di "casa aperta" quindi ci pare che la volontà di discussione e confronto sia aperta a tutti. È giusto che la popolazione cesenate sia consapevole con chiarezza e senza ipocrisie di quali siano le situazioni legate alla propria dimensione territoriale sociale, culturale e anche ecclesiale, visto che le persone LGBTQI+ sono ovunque e sono studenti, lavoratori e lavoratrici, genitori e figli, credenti e non credenti e sicuramente anche nelle parrocchie e nella Chiesa. Ho già avuto l'occasione proporre in una intervista al TG di Teleromagna che il confronto avvenga anche sulla stessa TV, perché la maggior parte delle persone conosca chiaramente le diverse posizioni su questo argomento e per spiegare le rispettive ragioni nel reciproco rispetto.
Marco Tonti
Arcigay Rimini e Forlì-Cesena