Prosegue la settimana di full immersion dedicata alla riflessione sul tema delle colonie marine, sul futuro e sulle prospettive di queste imponenti strutture sorte in epoca fascista. Un patrimonio architettonico e storico inestimabile, intorno al quale graviterà domani la terza iniziativa in programma: un forum aperto alla città (che sarà possibile seguire anche in streaming sul sito del comune di Rimini nella sezione dedicata all’attività del Consiglio Comunale e sul canale YouTube) sul loro recupero e su un loro riutilizzo capace di esprimerne le potenzialità, strappandole dallo stato di decadenza in cui versano oggi.
Giovedì 11 maggio, a partire dalle ore 18.00, nell’aula del Consiglio comunale di Rimini, si terrà un Forum dedicato al ruolo che le colonie possono rivestire un domani per la Riviera, quali volani per la riqualificazione urbana e ambientale del territorio, nonché di crescita per l’economia e il lavoro. Alla tavola rotonda, moderata dal Presidente della Commissione Cultura Michele Lari, saranno presenti: il Sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad, l’Assessora della Regione Emilia-Romagna Barabara Lori, l’Assessora del Comune di Rimini Roberta Frisoni, lo scrittore Stefano Pivato, il Presidente del Comitato ‘Rimini 2026’ Giorgio Tonelli, la Presidente dell’Ordine degli Architetti di Rimini Gabriella Filomena Marangelli, il Presidente del Palloncino Rosso Luca Zamagni e Carmelo Mario Lanzafame Rimini Sparita, con i saluti della Presidente del Consiglio Comunale Giulia Corazzi.
Fino all’11 maggio alla Galleria dell’Immagine sarà possibile visitare la mostra documentaria Colonie per l’infanzia sulla Riviera Romagnola. Pedagogia e architettura di regime’ curata dagli Istituti per la storia della Resistenza ed età contemporanea di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna. L’esposizione, accompagnata dalla proiezione di filmati Luce dell’epoca, prende in esame i diversi organismi coinvolti nella progettazione e nel funzionamento delle colonie per l’infanzia in età fascista, quando il Regime compì un imponente sforzo per la loro costruzione, spesso affidata a grandi architetti, non solo per ragioni di consenso sociale, ma per temprare le nuove generazioni al carattere militare che Mussolini voleva infondere ai nuovi italiani.