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Cronaca 12:45 | 13/04/2021 - Rimini

Flusso di denaro illecito per 20 milioni tra Italia e San Marino: 9 indagati, sequestro per 7,6 milioni

I Finanzieri del Comando Provinciale di Rimini, al termine di un’indagine di polizia economico-finanziaria, dopo avere denunciato 9 persone, hanno dato esecuzione stamane ad un decreto di sequestro per equivalente emesso dal GIP presso il Tribunale di Rimini, Dott. Vinicio Cantarini, per oltre 7,6 milioni di euro, quale profitto dei citati illeciti finanziari. Il provvedimento è in corso di esecuzione anche nella vicina Repubblica di San Marino a cura delle competenti Autorità estere interessate per rogatoria internazionale.

Tutto è partito dal fallimento (sentenza del settembre 2017) di un noto gruppo societario in provincia di Rimini (la Cooperativa Muratori Verucchio), costituto da una galassia di 12 società operanti nel settore dell’edilizia residenziale, le cui costruzioni si trovano principalmente in provincia di: Rimini, Bologna, Ferrara, Forlì, Pesaro ed Ancona.

Le investigazioni, coordinate dal Sostituto Procuratore dr. Paolo Gengarelli e svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, attraverso complesse ispezioni contabili, indagini tecniche e rogatoria internazionale nella Repubblica di San Marino, hanno consentito di rilevare che le società avevano sistematicamente sottofatturato la vendita degli immobili ricevendo dai clienti milioni di euro in nero (2006-2010). Per impedirne l’individuazione i soldi venivano versati ad una banca di Rimini, di cui alcuni funzionari, come gli spalloni del secolo scorso, attraversando poi il confine hanno a più riprese portato presso una fiduciaria del Titano il danaro, riconducibile per mandato fiduciario a due degli indagati.  La fiduciaria depositava poi le somme in un suo conto presso una banca sanmarinese, da dove partivano poi bonifici verso un conto corrente detenuto nella banca riminese e intestato sempre alla fiduciaria estera. Da questo conto i soldi venivano investiti in obbligazioni della stessa banca riminese. Le operazioni erano documentate da ricevute fatte ad hoc per fare schermo e impedire la riconducibilità dei soldi agli illeciti fiscali posti in essere dagli indagati, a capo del fallito gruppo edile.

Il meccanismo consentiva di celare il flusso monetario illecito che appariva del tutto estraneo agli artefici della ingegnosa frode, quale mero trasferimento di fondi della fiduciaria da un conto estero ad un conto italiano. Il  coinvolgimento della banca locale ha giocato un ruolo di particolare rilievo laddove il Presidente pro-tempore del C.d.A. della banca ha ricoperto, nel contempo, anche la carica di Presidente del Collegio Sindacale della principale società fallita che quella di consulente fiscale di fatto dell’intero Gruppo di imprese, consentendo di fatto all’Istituto di credito di beneficiare, tra l’altro, anche dei fondi occulti, investiti prevalentemente in obbligazioni emesse dalla stessa banca e, dunque, direttamente destinati a finanziare l’attività bancaria del medesimo istituto. In buona sostanza, i soldi così camuffati - si è accertato un flusso di oltre 20 milioni di euro - sono stati sottratti illecitamente al fallimento del gruppo riminese, intervenuto nel 2017, andando a determinare grave pregiudizio ai creditori e all’Erario.

All’esito delle indagini della Guardia di Finanza, la Procura della Repubblica di Rimini ha richiesto ed ottenuto dal GIP un provvedimento di sequestro preventivo, anche “per equivalente”, nei confronti dei principali indagati, sulle disponibilità finanziarie, detenute anche attraverso intestazione fiduciaria, sui beni mobili ed immobili fino alla concorrenza delle distrazioni fallimentari e delle imposte evase, per 7,6 milioni di euro. Gli indagati (in tutto 9 persone) sono: per la bancarotta fraudolenta il patron del gruppo edile (indagato anche per l’omesso versamento delle imposte), il tesoriere, due membri del collegio sindacale, di cui uno è stato Presidente pro-tempore del C.d.A. della banca coinvolta, nonché il genero del patron. Per riciclaggio sono indagati invece due funzionari di banca e il fratello del patron; mentre per favoreggiamento, per aver ostacolato le indagini, risulta indagato il responsabile dell’area controlli dello stesso istituto.

L’operazione Brick Broken, con l’esecuzione del decreto di sequestro di beni e disponibilità per 7,6 milioni di euro, è ulteriore riprova dell’incisivo ruolo della Guardia di Finanza, quale unico organo di polizia giudiziaria con competenze di polizia economico-finanziaria, che tutela gli operatori economici rispettosi della legge e delle regole del mercato, sia la finanza pubblica, ed in primis le entrate fiscali del Bilancio dello Stato, contrastando e prevenendo i più gravi fenomeni di riciclaggio di profitti di reato.