Un macchinario ti taglia il braccio mentre lavori, a nero, in campagna. Invece di portarti di corsa all’ospedale, il figlio del titolare ti scarica a casa. Tua moglie urla e supplica che qualcuno chiami il 118. Quando arriva hai già perso troppo sangue, muori dopo due giorni di agonia. Nel frattempo il titolare dell’azienda, sul TG1, dice, senza alcun contraddittorio, che è colpa tua.
Non è un racconto dell’orrore, è quello che è davvero successo a Satnam Singh, bracciante agricolo, morto nella provincia di Latina. Ma il suo caso è solo la punta dell’iceberg di quello che succede ogni giorno nelle campagne, nelle fabbriche, nei cantieri italiani. Migliaia di lavoratrici e lavoratori, soprattutto immigrati, sono costretti a lavorare a nero, senza contratti, ferie, malattia, diritti, per paghe da fame, in condizioni pericolose o degradanti, gettati come scarti appena il loro corpo non è più in grado di operare, bastonati appena provano a protestare. Spesso sono aggrediti mentre vanno e vengono dal lavoro, spesso vengono investiti dalle auto. Se poi provano a denunciare, vengono trattati con razzismo dalle istituzioni e nessun giornalista è interessato ad ascoltare la loro voce. Anche perché la mancanza di un permesso di soggiorno regolare rende i migranti più vulnerabili, più ricattabili, sempre a rischio.
Questa condizione non è frutto del caso, di qualche cattivo caporale o di qualche ritardo negli uffici preposti.
Il caporale è solo l’anello, spesso l’ultimo, di una catena alla cui testa ci sono i giganti della GDO (grande distribuzione organizzata), che lucrano imponendo prezzi bassissimi alle imprese agricole. Queste per fare profitto scaricano sui braccianti il peso della filiera, evitando di fare contratti regolari, di passare da qualsivoglia centro per l’impiego, e utilizzando i caporali per imporre condizioni di semi schiavitù ai loro dipendenti.
La totale libertà di assumere a nero, senza passare per qualsivoglia centro per l’Impiego, il disinvestimento e la totale connivenza dell’Ispettorato del lavoro, la propaganda e le leggi restrittive sull’immigrazione che servono SOLO A CREARE UN SERBATORIO DI LAVORATORI E LAVORATRICI RICATTABILI E SCHIAVIZZABILI, sono le condizioni con cui il Governo tutela precisamente gli interessi dei padroni della GDO e delle aziende agricole.
È una condizione strutturale, voluta e cercata per decenni dai governi di centrodestra e centrosinistra, che non hanno voti da prendere dai migranti, ma ne cercano tra i loro datori di lavoro, a cui fa comodo una manodopera docile e sottopagata, e tra cittadini italiani, che vengono spinti da una propaganda martellante a scaricare le colpe non su chi sta sopra ma su chi sta più in basso di loro…
In questo quadro, il Governo Meloni – già responsabile della strage di Cutro e di altre centinaia di morti in mare, con le sue omicide leggi repressive che vietano il soccorso, che dichiarano “sicuri” paesi dove ci sono violenze quotidiane, mentre con i nostri soldi continua a fare affari con mafiosi libici e a costruire campi di concentramento in Albania –, sta aggravando rapidamente la situazione. Con le ultime scelte su flussi e documentazione permette infatti l’esplosione di un “mercato del falso” che mette i soldi dei migranti nelle tasche di organizzazioni criminali, smantella i già pochi ispettorati del lavoro, crea un clima di impunità e di razzismo.
Per tutto questo Potere al Popolo sabato 22 giugno alle ore 10:00 organizza una conferenza stampa in Piazza Cavour per denunciare le morti sul lavoro e invita la cittadinanza a partecipare alla raccolta firme per chiedere maggiori sicurezza sul lavoro.
Facciamo appello a tutti i cittadini, italiani e stranieri, a unirsi in nome dei diritti e pretendere:
– il diritto all’accoglienza per tutti i richiedenti protezione internazionale, per farla finita con la clandestinità;
– la riduzione dei lunghissimi tempi di attesa e un permesso di soggiorno di un anno a tutti i richiedenti fino alla conclusione del loro iter;
– la conversione del permesso di protezione speciale in permesso di lavoro;
– un piano per l’emersione dei migranti sprovvisti documenti che già vivono e lavorano sul territorio;
– maggiori controlli degli ispettorati del lavoro, la fine del lavoro nero, l’obbligo di assumere da centro per l’impiego, il rispetto dei contratti;
– una vera lotta al caporalato e alle organizzazioni criminali;
– un salario minimo per tutte e tutti!
Invitiamo la cittadinanza, le associazioni e tutte le persone libere a unirsi a noi in questa lotta per la giustizia e la dignità di tutte e tutti!
Basta razzismo e sfruttamento!