Come indicò il movimento futurista di Marinetti l’industria già dal primo dopoguerra aveva bisogno di creatività. Esigenza recepita da molti creatori italiani che cominciarono a dare un contributo artistico al mondo industriale. Nel secondo dopoguerra nacquero nuove professioni come il grafico pubblicitario, il disegnatore industriale o il creatore di moda, i cosiddetti designers. Grazie ad industriali illuminati iniziò un sodalizio di collaborazioni esplose negli anni ‘50, ‘60, ‘70 con l’affermazione nel mondo del design italiano. La grande ricchezza in Italia è la creatività e il punto di valore del nostro design è stato quello di avere e mantenere una sua identità. Oggi però inizia a mostrare segni di stanchezza tanto che i prodotti tendono a non distinguersi più gli uni dagli altri. Come sottolineato dallo scultore e architetto italiano Gaetano Pesce in un articolo su Repubblica, il nostro design, che fino agli anni ‘70 è stato un modello internazionale consacrato dalla mostra al Moma di New York del 1972 segnando le epoche e cambiando il nostro immaginario, sta scomparendo sul palcoscenico internazionale. Varie ripetizioni giustificate come omaggio ai Maestri sta diventando un metodo dove nulla viene più creato. Lanostra lunghissima e prestigiosa storia di creatività e genialità rischia di divenire materiale da mostre celebrativo-nostalgiche.
Cultura
20:13 - Riccione