Una denuncia è stata presentata nei giorni scorsi alla Procura della Repubblica di Ravenna nei confronti di tre medici dell'ASL Romagna da parte di una coppia di coniugi di Riccione, Maria Maddalena Lenhard e Luciano Bartolucci, i quali hanno inviato una lunga lettera firmata in cui si spiega la storia, o meglio "il calvario subìto in questi mesi a causa - dicono in premessa - di diversi e gravissimi errori. Errori, superficialità e altre questioni ora al vaglio delle Autorità, che hanno portato da una singola operazione chirurgica alla schiena a ben tre operazioni nell'arco di due mesi, di cui due a distanza di una sola settimana dall'altra, più diverse RX e TAC, che per una donna di 72 anni non sono certamente poca cosa. La cosa più grave è stata, però, l'aver sottovalutato i dolori derivanti dalla prima operazione: nonostante le diverse visite effettuate, nessuno si è accorto in due mesi che c'era una vertebra rotta. Crediamo sia inaccettabile, soprattutto in quella che si considera la sanità regionale migliore d'Italia".
Di seguito la lettera integrale inviata alla nostra redazione.
"Ho vissuto per due mesi con una vertebra fratturata e dolori lancinanti, senza che nessuno si accorgesse del problema e anzi, sentendomi dire che il dolore era la normalità dopo un intervento chirurgico. Peccato che ne abbia dovuti subire altri due, a distanza di una settimana l’uno dall’altro e oggi, dopo tre interventi alla schiena, ancora non riesco a camminare come dovrei. Per questo ho deciso di denunciare i tre medici che, a mio avviso, hanno commesso diversi errori sia nella valutazione sia nelle operazioni effettuate, come ho già esposto all’AUSL Romagna, da cui dipendono.
Questa è purtroppo solo la sintesi di un vero e proprio calvario che, insieme alla mia famiglia, ho vissuto e in parte sto ancora vivendo, visto che la riabilitazione sembra avare tempi lunghi, tenuto anche conto che ho compiuto da poco i 72 anni. A maggior ragione, data l’età e il dolore che i problemi alla schiena mi stavano procurando da diverso tempo, mi sarei aspettata un’attenzione maggiore da parte della sanità romagnola, considerata sempre un’eccellenza nel panorama italiano e non solo.
Dopo la denuncia-querela presentata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna, la questione potrebbe diventare nei prossimi mesi di dominio pubblico, per cui ritengo doveroso da parte mia spiegare come si sono svolti i fatti, perché anche l’opinione pubblica si possa rendere conto – al di là delle evidenze penali che potrebbero venire palesate dalle autorità competenti – di come sono state gestite certe dinamiche.
Come detto, da tempo soffrivo di un grave problema alla schiena, il quale mi procurava dolori fortissimi che sono diventati insostenibili e non più alleviabili con le classiche infiltrazioni. Confrontandomi con i miei familiari e i medici che mi avevano fino ad allora seguito, ho deciso a fine 2021 di iniziare il percorso, ormai obbligato, verso l’operazione chirurgica. Intervento effettuato poi il 13 maggio 2022 presso l’ospedale di Cattolica (intervenuta un'equipe chirurgica di Faenza, ndr). L’intervento sembrava essere riuscito perfettamente, a detta del personale ospedaliero, ma purtroppo, fin da subito ho iniziato ad accusare nuovi e fortissimi dolori, così io e mio marito abbiamo contattato il medico che mi aveva preso in carico e operata per un’ulteriore visita. Solo il 30 maggio ci siamo recati a Faenza per questo controllo, ma nonostante l’evidente difficoltà a muovermi, la fatica e il dolore fortissimo, il Dottore non ha riscontrato nulla di anomalo. Stessa cosa anche nella visita successiva, richiesta per lo stesso motivo: nessuna anomalia, ma ha comunque aumentato le medicine, probabilmente valutando i dolori solo come un normale effetto dell’operazione.
Tutto inutile, i dolori non sono diminuiti, ma anzi sono aumentati.
Nel frattempo è proseguito l’iter previsto, con tanto di RX effettuata a Faenza e visita conseguente con un’altra Dottoressa dello stesso staff. Ma anche in questa occasione, non è stato rilevato nulla di anomalo e, per togliere ogni dubbio, mi è stato consigliato di effettuare una TAC. Non nell’ospedale di Faenza dove ci trovavamo, ma presso una struttura esterna a questo punto, perché evidentemente non la consideravano così necessaria. Ovviamente, una volta fatta, avremmo dovuto comunque inviarla alla Dottoressa e al Dottore che mi aveva operato, per un rapido controllo. Ho quindi effettuato la TAC e inviato subito via email i risultati, ma il controllo non è stato così repentino come ci era stato garantito. La Dottoressa non ha nemmeno risposto e il Dottore ci ha rigirato a un ufficio deputato a tali responsi, fornendoci però il numero di telefono sbagliato.
A quel punto, non avendo riscontri e non potendo chiederli al telefono, ho chiesto consiglio ad un altro medico di nostra conoscenza, un Radiologo. Con una certa enfasi e preoccupazione ci ha immediatamente avvertiti che dal referto era chiaramente visibile una vertebra rotta e che i dolori lancinanti erano causati ovviamente da questo problema. Una frattura che, stando alle informazioni raccolte, si sarebbe dovuta e potuta evidenziare anche dalla RX effettuata pochi giorni prima, evitandomi una ulteriore TAC e altri giorni di dolori.
Con questo responso in mano, abbiamo quindi sollecitato il Dottore che mi aveva operata due mesi prima, il quale ha dovuto confermare quanto già sapevamo. D’urgenza, quindi, sono stata di nuovo ricoverata e operata il 28 luglio. Ma anche questo intervento non è andato perfettamente, visto che il giorno successivo non sentivo più il mio piede sinistro ed avevo ancora dolori fortissimi sia alla gamba sia al gluteo. Il problema questa volta sembrava riguardare un nervo e per questo motivo, già il 4 agosto (nemmeno una settimana dopo!) sono stata operata nuovamente, al fine di liberare quel nervo che nell'intervento precedente era andato in conflitto con una delle viti durante l’operazione. Ad oggi non sappiamo se il nervo sia stato rovinato per sempre o meno.
Basterebbe questo a comprendere l’entità dei danni fisici subiti a causa di quelli che sono a mio avviso errori gravi, ma c’è anche il fattore psicologico. Perché oltre al dolore e alle ovvie preoccupazioni per tre interventi in anestesia totale così ravvicinati, le RX e le TAC effettuate, ho dovuto subire anche altre cose che hanno del clamoroso. Il giorno della terza operazione, quindi in condizioni psicologiche delicatissime - anche perché ero da sola in ospedale, non potendo i familiari assistermi causa restrizioni sanitarie – come previsto sono stata portata in sala operatoria, ma una volta arrivata mi hanno riportato indietro perché si sono accorti solo all’ultimo momento che il “type & screen” era scaduto da un paio d’ore e bisognava fare il prelievo del sangue per averne uno nuovo e valido. A quel punto non ho più retto la tensione e ho dato in escandescenza, urlando e offendendo tutti i presenti. Credo, a freddo, che chiunque avrebbe fatto lo stesso se non peggio.
Ad ogni modo, continuano a dirmi che l’ultima operazione è andata bene e che il nervo ha ricominciato a reagire, ma io sento ancora male alla gamba e al gluteo sinistri, mentre il piede sinistro oltre a farmi male non riesco ancora ad appoggiarlo. E non ha riacquistato le sue funzioni principali.
La beffa finale è che, dopo tutto questo, mi hanno prescritto una nuova valutazione ortopedica, fuori dal reparto anche di Ortopedia dove sono stata ricoverata oltre due settimane, per sapere dall'Ortopedico che mi visiterà, se per farmi passare il male per la sacroileite dovrò fare delle infiltrazioni. Ma io ho subito tre interventi principalmente per stabilizzare la schiena, ma anche perché le infiltrazioni - ne ho fatte a decine - non mi davano più alcun beneficio!
Credo che i fatti, corredati dai documenti allegati all’AUSL Romagna e alla denuncia-querela depositata nei giorni scorsi, spieghino chiaramente quanto accaduto e diano la dimensione del danno fisico e soprattutto psicologico che ho dovuto subire e che dovrò sopportare per sempre".
Maria Maddalena Lenhard