Per info e segnalazioni:
geronimo it il-tribunale-condanna-un-leone-da-tastiera-che-aveva-infamato-alcune-vigilesse-alla-pena-di-mille-euro-di-sanzione-per-diffamazione-via-social-A48477 004 Per info e segnalazioni: +39 3339968310 -
Cronaca 14:35 | 23/02/2024 - Rimini

Il Tribunale condanna un "leone da tastiera", che aveva infamato alcune vigilesse, alla pena di mille euro di sanzione, per diffamazione via social

Ormai è risaputo che i commenti offensivi sui social possono diventare reato di diffamazione. Sui social network, infatti, il contatto fra le persone è immediato, veloce e breve e in poche righe si pubblicano video, foto, ma si possono scambiare anche accuse, post offensivi oppure commenti infamanti. Commenti fatti da persone che, nella maggior parte dei casi, pensano di nascondersi dietro un account (magari falso) e ne approfittano per screditare e offendere personaggi pubblici e privati. Un atteggiamento che può avere una rilevanza penale e integrare il reato di diffamazione, previsto e disciplinato dall’art. 595 C.P.

È quello che è accaduto anche a Rimini qualche tempo fa, quando il Tribunale di Rimini ha emesso un decreto penale di condanna - con una multa di 1000 euro - nei confronti di una persona che, attraverso un falso profilo, aveva pubblicato sul social media Facebook un commento infamante e sessista nei confronti di alcune agenti della Polizia Locale di Rimini.

Subito il Comandante della PL, Andrea Rossi, aveva sporto una querela contro ignoti, per difendere l’onore delle colleghe che troppo spesso sono colpite da questo genere di offese, sempre ingiustificabili e ancora più vili quando si consumano sui social network e usando profili falsi per nascondere la propria identità. Il Comandante si era anche costituito parte civile insieme a tutto il personale femminile del Corpo.

“Certe parole, certi commenti, certi atteggiamenti sono inaccettabili - commenta l’Amministrazione comunale - e vanno sempre stigmatizzati e puniti. Non è più accettabile far finta di niente, o peggio sorridere, davanti a certe parole che mal nascondono ignoranza, mancanza di rispetto, scarsa cultura di genere e profonda maleducazione. Un caso nel quale si è tentata una delegittimazione delle agenti sotto il loro profilo professionale, diffamando con loro l’intero Corpo. Bene ha fatto il Comandante a non far cadere nel vuoto l’ennesimo insignificante insulto che si consuma sul web”.