Con 8 arresti e un obbligo di firma per associazione per delinquere aggravata dai metodi mafiosi, la Guardia di Finanza di Rimini ha concluso questa mattina un'operazione anti-camorra denominata "Darknet". Associazione per delinquere di stampo mafioso e per aver favorito i clan di appartenenza, in particolare i clan "Sarno" e dei "Casalesi", le accuse mosse oltre ad una serie di reati finanziari che vanno dalla corruzione, alla turbativa d'asta, al riciclaggio.
L'operazione ha portato anche al sequestro di 17 aziende e beni per oltre 30 milioni di euro.
L'indagine partita nel 2017 dei finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, con la collaborazione del G.I.C.O. di Bologna si è conclusa dopo due anni questa mattina portando a fermi e sequestri in Emilia Romagna, Campania, Calabria, Lazio, Lombardia, Marche, Basilicata e Piemonte.
Secondo le indagini, tutto parte da provvedimenti di sorveglianza speciale emessi nei confronti di alcuni casalesi e campani, trasferiti a Cattolica e Riccione. Dalla bassa Romagna, inizia la scalata all'economia locale di alcuni soggetti vicini e addirittura parenti dei casalesi e dei Sarno, attivi nei business delle costruzioni, degli oli industriali, della ristorazione, ma anche esercenti di sale scommesse.
Le investigazioni hanno permesso di far emergere l’esistenza di una compagine criminale stabilmente stanziata nella provincia riminese, al cui interno si evidenziano in posizione di predominio: IORIO Giovanni (destinatario di o.c.c. in carcere), pluripregiudicato, sorvegliato speciale, cognato di Vincenzo SARNO, (capo dell’omonimo clan napoletano e oggi collaboratore di giustizia); RAUCCI Luigi Saverio (destinatario di o.c.c. in carcere), pluri-pregiudicato, gravato da 4 condanne definitive per reati contro la persona e in materia di armi, genero di ZUPO Enrico (pluripregiudicato, gravato da condanne definitive, per complessivi 25 anni di reclusione, per traffico di stupefacenti, indiziato di appartenere al “Clan dei Casalesi”), nonché cugino di Giovanni IORIO; DE MARTINO Antonio (destinatario di o.c.c. in carcere), volto “pulito” dell’associazione incaricato della gestione delle diverse società operanti nel settore dell’impiantistica industriale, di cui IORIO e RAUCCI erano soci occulti ed effettivi dominus.
Accanto a costoro, sono stati individuati altri due livelli: il primo costituito da coloro che avrebbero posto la propria attività al servizio del sodalizio nella consapevolezza della correlazione funzionale con gli obiettivi dello stesso, ovvero: ZUPO Salvatore (destinatario di o.c.c. in carcere), CERCOLA Francesco (destinatario di o.c.c. in carcere), COPPOLA Pasquale (agli arresti domiciliari), GINEFRA Tania (agli arresti domiciliari); il secondo livello è invece costituito da tutti quei soggetti, oltre 30, che si sarebbero prestati nell’attività illecita specie di interposizione fittizia, ma dei quali non vi è certezza della partecipazione al sodalizio criminale, trattandosi di persone reclutate all’occorrenza per ragioni di parentela o vicinanza con i singoli indagati, come nel caso di SIGNORINO Paola (incaricata di pubblico servizio, agli arresti domiciliari) e STAPANE GENNARO (destinatario di obbligo di dimora).
In particolare, è emerso che Giovanni IORIO e RAUCCI Luigi Saverio, nonostante un apparente situazione reddituale insufficiente a soddisfare i fabbisogni primari, in realtà manifestavano un’elevata disponibilità economica, derivante – come chiarito dalle intercettazioni telefoniche e ambientali – dalla loro partecipazione occulta in numerose società operanti nei più disparati settori economici e formalmente intestate a prestanome, dalle quali gli indagati, con la connivenza del commercialista COPPOLA Pasquale, drenavano gli utili mediante emissione di fatture per operazioni inesistenti per centinaia di migliaia di euro e il successivo prelievo in contanti dei pagamenti ricevuti.
I proventi illeciti venivano riciclati utilizzando una sala giochi e scommesse ubicata a Cattolica, riconducibile sempre agli indagati principali, ma gestita formalmente da tale GINEFRA Tania. Quest’ultima al fine di riciclare le somme provenienti dai reati in contestazione aveva in più circostanze simulato vincite al gioco.