Come è noto il grido di allarme è stato lanciato da tempo. Le barriere coralline di tutto il mondo rischiano di scomparire. Abbiamo già perduto metà dei reef dei nostri oceani e nei prossimi vent’anni gli scienziati temono che la perdita arrivi al 90% di questo patrimonio che regola la vita subacquea di tutto il Pianeta. La causa principale è il riscaldamento delle acque terrestri che aumentando le temperature porta stress termico facendo espellere ai coralli le alghe che vivono nei loro tessuti causando lo sbiancamento e nella maggior parte dei casi la morte di queste foreste marine ricche di biodiversità. Gli oceani occupano il 70% della superficie terrestre e le barriere coralline incidono solo per l’1,2% ma sono ecosistemi fondamentali per le specie marine, fonti dell’ossigeno che respiriamo e assorbitori del 30% dell’anidride carbonica che produciamo. I mari assorbono la maggior parte del calore in eccesso sulla Terra è una parte dell’anidride carbonica disciolta negli oceani reagisce con l’acqua per dare acido carbonico che risulta letale su molti organismi come molluschi e coralli. Per salvarle sono già in atto diversi programmi di restauro a tutte le latitudini. La Barriera Corallina australiana, la più estesa del mondo con 2900 singoli reef in un’area di 2300 km che comprende circa 900 isole, patrimonio dell’Unesco dal 1981, è alle prese con il terzo sbiancamento. Tra gli interventi di soccorso la tecnica più usata è il micro fragmenting, frammenti di corallo vivo che vengono trapiantati su strutture artificiali o su scheletri di corallo morto con un processo naturale velocizzato di rigenerazione che permette ai coralli di crescere 25 volte più in fretta ma se non verranno fermati con provvedimenti efficaci il surriscaldamento e l’acidificazione dei mari, questi sforzi non serviranno a nulla e le barriere moriranno.
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18:18 | 05/11/2024 - Rimini