"Si intensifica la polemica sull’allevamento biologico di polli proposto dalla Fileni in Alta Valmarecchia, in Comune di Maiolo. Al momento lo scenario è questo: a) un ampio e agguerrito Comitato di cittadini ha avviato una raccolta di firme e dato vita a significative manifestazioni di protesta contro questa previsione; b) le Istituzioni, sia a Bologna che a Rimini, hanno invece approvato il progetto e dato consenso all’avvio dei lavori. Siamo dunque in presenza di un nuovo conflitto fra società civile e Istituzioni? la prima capace di guardare in prospettiva, la seconda inchiodata a vincoli legali e al timore del mitico “abuso d’ufficio”? Lo schema si è rovesciato? La mia è una lettura ottimistica della situazione. Presumo che la pratica avviata dalla ditta Fileni sia “perfetta” e che la Regione non abbia potuto dire di no. A dire il vero circola un’accurata relazione tecnica prodotta dal Comitato che sostiene il contrario. A favore della Fileni non può essere invocata la questione occupazionale perché il nuovo stabilimento occuperà pochissime unità. Potrebbe essere invocata la questione “viabilità” visto che si prevedono 800 camion/anno sulla Marecchiese per trasportare sui mercati di consumo il milione di polli prodotti a Maiolo. Si dirà: stiamo per realizzare le varianti della Marecchiese ! Ottimo, sono già pronti i TIR per intasarla di nuovo! Si invoca la questione ”acqua”, visto il consumo stimato per l’impianto Fileni di 24mila/mc di ottima acqua di falda da pozzi. La mano destra autorizza un impianto idroesigente, mentre la mano sinistra (Romagna Acque ed Hera) avvia progetti per ridurre l’emungimento e mentre il mondo intero segnala l’esigenza di salvaguardare il “petrolio bianco” che viene a mancare per l’emergenza climatica. E non va dimenticato che le falde del Marecchia sono un patrimonio non più riminese ma di tutta la Romagna, grazie alla integrazione in unica rete di trasporto, realizzata con la Società delle Fonti. Si potrebbe dire che si spendono milioni per denitrificare e defosfatizzare le acque del depuratore di S.Giustina e si immettono nel medesimo fiume ammoniaca, azoto e fosforo prodotti da 800mila polli/anno. Naturalmente l’elenco delle contraddizioni potrebbe continuare, magari parlando di turismo ecocompatibile, di destagionalizzazione degli alberghi costieri, di benessere dei viventi non umani, di qualità dell’aria, ecc. Ma se le contraddizioni sono così evidenti, come mai si è arrivati a questo punto? Per rispondere bisogna andare oltre lo specifico caso. Ci vedo soprattutto un deficit di programmazione, funzione primaria dell’Ente Regione. Negli anni ottanta lo scontro era fra chi voleva “fare in montagna come in pianura”, perciò aree produttive per impianti industriali di ogni tipo laddove le condizioni orografiche lo permettessero (poi ci pensavano le frane e le alluvioni a riportare alla realtà) e chi voleva solo i parchi naturali. Due “estremismi” che il tempo ha dichiarato inefficaci. Tuttavia la famosa “programmazione” non trovava la chiave per risolvere il dilemma. Sono passati quasi quaranta anni, sono avanzati i processi tecnologici e di comunicazione, la deindustrializzazione e la delocalizzazione hanno prodotto nuove letture del tema “Montagna”. E’ il momento di aggiornare le mappe dello sviluppo. E’ dunque compito delle Istituzioni dire cosa fare in montagna. La risposta sta più o meno nell’assecondarne attitudini e vocazioni. In una Agorà elaborata in Valmarecchia qualche mese fa (ha partecipato l’Assessore Regionale Vincenzo Colla), la risposta è stata: le vocazioni stanno nella produzione di acqua buona, aria buona, paesaggi belli, storia potente, lavoro buono, vacanze desiderabili. Beni comuni che riguardano tutti, gente di pianura, gente di montagna, gente d’Italia, gente del mondo".
Giuseppe Chicchi già Amministratore pubblico e Socio di Federconsumatori Rimini