"Caro Diario oggi voglio raccontarti di E’Tendoun e condividere con te una riflessione.
E’Tendoun è un evento che raccoglie oltre 50 volontari durante tutto il periodo delle feste di Natale, con un’età che varia dai 17 anni di Giorgia ai 77 di Oriano e un’età media di 35 anni. In controtendenza con tutti i dati che danno il movimento volontaristico in difficoltà, accogliamo all’interno dell’organizzazione persone nuove ogni anno che vogliono contribuire alla nostra iniziativa. Sono parte dello staff ragazze e ragazzi con disabilità che collaborano attivamente alla riuscita delle serate. Questo gruppo passa le sue feste tra spesa, pulizie e preparazione delle serate. Un impegno totalizzante che però permette un passaggio di conoscenze e il tramandare di tutte quelle competenze spicciole della nostra tradizione e delle nostre origini. Competenze che sono e saranno il bagaglio perenne per tutti i giovani che si avvicinano alla nostra realtà.
Abbiamo richieste da parte di molte associazioni del territorio per creare nuove sinergie e nuovi eventi. Siamo riusciti a strutturare non solo un evento, ma un modello di socialità che accoglie le persone e crea relazioni. Abbiamo creato uno spazio che va a colmare la mancanza di punti di aggregazione all’interno del nostro territorio con un modello di divertimento sano e popolare. Siamo l’esempio di uso del mare nella stagione invernale e nel nostro piccolo abbiamo creato un prodotto turistico che ha un suo seguito e che permette di fare incoming turistico.
Non è solo un tendone per le tombole ma una manifestazione che quest’anno ha raggiunto una sua maturità sia di contenuti che di organizzazione.
Questa è la fotografia di cosa facciamo che apre la mia riflessione.
Siamo un gruppo di amici che si riconosce nell’identità della propria frazione e che si adopera per far crescere il proprio angolo di territorio Riminese. Questo senso di appartenenza è da qualche anno sotto attacco di un certo modo di fare politica, che ha la volontà di eliminare le frazioni perché dobbiamo essere tutti riminesi, che vuole la centralizzazione delle scuole elementari in luoghi raggiungibili solo in macchina, che promuove la costruzione di quartieri dormitorio in cui il baricentro della comunità non è la piazza ma il supermercato dell’insegna amica che vende di tutto, dalle banane ai petardi, da luce e gas fino alle medicine. Noi siamo cresciuti con la nostra identità certa: una scuola elementare raggiungibile a piedi o in bicicletta, le serre di via Bruschi, il camping Carloni, il Surcion, il porticciolo, la nostra squadra di calcio, i mosconi ancorati vicino alla riva, il nostro cavalcavia come punto di incontro. Siamo cresciuti in una frazione dove c’erano tutti i servizi: ufficio postale, dottore, banca, farmacia, bottega alimentare, il forno, il macellaio, il negozio di scarpe. Era quella che adesso viene definita la città dei 15 minuti.
Oggi tutto questo non esiste più e di quelle che ho citato sono pochissime le attività ancora aperte. È la modernità del capitalismo e ne dobbiamo prendere atto. Quello che però risulta doloroso, alla soglia dei 40 anni, è realizzare che a svendere l’identità della nostra città e del nostro paese sia stata la mia parte politica, in nome di un “progresso economico” che ha ucciso la classe media e operaia e ha alimentato le ingiustizie e le disuguaglianze. I nuovi quartieri, creati dagli speculatori sono luoghi senza anima, senza socialità che impiegheranno generazioni di giovani per costruire un’identità territoriale forte.
Mi chiedo se la funzione dell’assessorato all’identità dei luoghi sia solo quella di intitolare strade e appendere le relative targhe o se ha invece una funzione reale. Ovviamente la mia è una domanda la cui risposta è piuttosto evidente nei fatti.
Caro Diario, Cosa c'entra tutto questo con E’Tendoun?
C'entra perché le nostre azioni quotidiane sono l’anomalia imprevista nella volontà di creare una società fatta di persone che “dormono al centro del fiume” per citare la canzone di Pierangelo Bertoli. Siamo quelli che organizzano serate di incontri politici dove si mettono di fronte amministratori e amministrati con un dialogo onesto e sincero, quelli che creano eventi in cui si parla di turismo smettendo di dire che va tutto bene. Dimostriamo, con le nostre azioni, che esiste un altro modo di vivere i territori e che esiste ancora una comunità che vive, progetta, realizza e sogna. E per questo roviniamo i sonni di una parte malata della politica che vuole governare l’omologazione".
Stefano Benaglia