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Opinioni 15:32 | 19/12/2020 - Rimini

Rimini e la crisi dovuta alla pandemia: l'analisi di Paolo Maggioli

Da più di trent’anni giungono, sul finire dell’anno, le classifiche sulla qualità della vita nei nostri territori. Un momento a cui seguono, immancabili, polemiche sulle metodologie utilizzate e discussioni politiche, come se queste indagini fossero pagelle di fine anno, che bocciano o promuovono le singole amministrazioni. Il tutto andrebbe preso con beneficio d’inventario: sono delle fotografie istantanee - quasi dei “selfie”, con una messa a fuoco più o meno centrata -, delle nostre realtà territoriali. 

La fotografia di quest’anno ci ha restituito un’immagine del Riminese che è difficile contestare. Il nostro territorio è il fanalino di coda della nostra Regione dove le altre province, a cominciare da Bologna (prima) occupano posizioni d’avanguardia. Rimini appare come la provincia più fragile della Romagna. Tutto questo ha una spiegazione: la pandemia si è fatta sentire in maniera pesante su una realtà dove il turismo, in tutte le sue declinazioni, a cominciare da quella sempre più importante del fieristico-congressuale, ha un peso specifico importante.  La controprova ci viene da due delle sei aree tematiche che compongono la graduatoria finale de “Il Sole – 24 Ore”: “giustizia/sicurezza” e “cultura/tempo libero”. Rimini storicamente occupa gli ultimi posti nella graduatoria della sicurezza e i primi nel tempo libero perché il nostro territorio è influenzato da flussi turistici che, come una fisarmonica, ampliano e contraggono la nostra popolazione. 

Invece di perdersi nelle consuete polemiche, questa fotografia dovrebbe farci riflettere sul futuro del Riminese. Il turismo è il settore che più risente delle turbolenze internazionali, dalle tensioni geopolitiche alle emergenze sanitarie. A volte in termini positivi, in altri frangenti negativamente. Quello turistico è un settore che, finché non sarà strutturato come vera e propria industria, risente di questa fragilità. Il primo passo è ipotizzare politiche industriali per il turismo, a cominciare dagli investimenti sulle strutture che non sono più rimandabili. Il secondo passo è quello di guardare con maggiore sensibilità al settore industriale e manifatturiero, che in questi momenti di crisi, mette in risalto la sua resilienza e la sua capacità anticiclica. Non è più tempo delle polemiche sull’eccessiva importanza che le amministrazioni prestano al turismo e sul ruolo di Cenerentola che troppo spesso, alle nostre latitudini, la politica assegna all’industria. Rimini è forte in entrambi questi settori, che possono e debbono convivere. È tempo di guardare al futuro e non può esserci un futuro sereno senza una giusta sensibilità verso l’industria, il manifatturiero e l’innovazione tecnologia. 

Proprio in queste ore ci giunge un’altra fotografia  – la classifica “iCity Rank 2020” sulla digitalizzazione delle città italiane – che posiziona Rimini al 26esimo posto, ancora una volta dietro le città dell’Emilia centrale che sono tutte ai primissimi posti. La digitalizzazione di Rimini viene definita “discreta”, certamente la nostra città e la nostra provincia non si possono accontentare di un “discreto”. Come ci ha mostrato la crisi pandemica, ma anche la Grande Recessione 2007-2013, il settore industriale è quello che sopporta meglio queste depressioni; che recepisce e applica l’innovazione tecnologica; che ci aiuta, soprattutto grazie all’export, ad uscire dalle secche e a ripartire; che riveste un fondamentale ruolo sociale mantenendo l’occupazione. Nell’emergenza di quest’ultimo anno, l’industria ha continuato a produrre in sicurezza, e la necessità di garantire questa sicurezza ha prodotto ulteriori innovazioni. Non a caso, proprio in questi giorni, è stato firmato - tra la Regione, le amministrazioni, le associazioni, i sindacati e le università - un “patto del lavoro” che punta tutto sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica, con l’obiettivo di creare occupazione di qualità, stabile e adeguatamente remunerata. 

L’industria e il manifatturiero non chiedono nulla alle amministrazioni, se non ascolto attento e non pregiudiziale alle loro esigenze. Urgenze e necessità che sono molto reali, ad iniziare dagli spazi necessari per le attività e la logistica del settore. Ma soprattutto chiedono che si abbracci convintamente tutto ciò che porta investimenti e innovazione. Purtroppo, talvolta, dobbiamo fare i conti con barriere ideologiche e ritardi culturali che appaiono difficili da superare. Il dato di fatto è che non possiamo più permettercelo. Le ultime crisi ci hanno insegnato che finanza, turismo e edilizia non bastano più. E questa pandemia ci ha fatto capire che bisogna ripartire dai fondamentali: cioè comunità (passare dall’“io” al “noi”), famiglia, scuola e sanità. Che bisogna puntare ad una tutela ambientale, anche per la nostra salute; dove aria, acqua, terra e sole forniscano risorse ed energie sostenibili e rinnovabili; rifiutando le logiche di un passato plumbeo. Ci serve industria ad alto contenuto tecnologico e alta produttività, fortemente innovativa. 

Sarà soprattutto grazie a questi investimenti e a queste innovazioni che potremmo garantire un futuro e un’occupazione stabile ai nostri figli. Gli imprenditori più attenti lo stanno già facendo, speriamo che tutta la comunità, a cominciare dalla prossima amministrazione, si ponga come obiettivo quello di continuare a costruire una Rimini Resiliente, capace di superare ciò che rende Rimini ancora Fragile. 

Paolo Maggioli Presidente Confindustria Romagna