Edgar Degas sottolineava come “l’aria che vediamo nei vecchi dipinti non è mai l’aria che noi respiriamo”. E in effetti l’aria che vediamo nei suoi dipinti, e nei capolavori impressionisti dei suoi colleghi, non ha niente a che vedere con la nostra. Ammirare in questi giorni le loro visioni pulite di luce e colori, che in solo attimo riescono a cogliere l’anima della natura, potrebbe darci l’illusione di respirare un sano naturalismo. I paesaggi di tali artisti ci regalerebbero decisamente un’impressione surrealista. L’impressionismo
Surrealista di un puro Naturalismo, visto che la realtà attuale è molto meno limpida. Sessantuno comuni del Nord Italia e Toscana, con i loro altissimi livelli di polveri sottili nell’aria, superano da qualche giorno i limiti di legge; il bel tempo senza pioggia e vento ha fatto scattare l’allarme con il relativo stop ai veicoli inquinanti. E se Monet, Pissarro, Degas a fine ‘800 preferivano la pittura all’aria aperta rispetto agli obsoleti studi, oggi si chiuderebbero a produrre tra quattro mura perché l’impressione vedrebbe lo smog interporsi tra loro e il paesaggio. Una sorta di filtro, un vetro appannato, una natura irraggiungibile. L’inquinamento avrebbe messo limiti anche all’arte. Ma il limite più importante ad oggi, che trapela dallo sforo dai parametri fissati dall’Organizzazione mondiale della Sanità, è la morte in Italia (come causa o concausa) di 34 mila persone, quasi cento al giorno. Il viceministro allo Sviluppo economico Stefano Buffagni commenta: “Troppi morti e un pesante danno economico, la questione deve diventare una priorità”. Ma i commenti
devono diventare fatti, altrimenti con le parole di Buffagni ci possiamo giusto lavare i pennelli. Cosa raccontiamo ogni giorno a quelle cento povere vittime? Che l’aria che vediamo nei dipinti non è quella che noi respiriamo?
Stefania Bozzo