In Italia, oltre 10 milioni di individui adulti soffrono di dolore cronico (circa 4 milioni di uomini e quasi 6 milioni e mezzo di donne), condizione che è presente nell’8% della popolazione di 18-44 anni, con un aumento al 21,3% tra i 45-54enni, al 35% tra i cosiddetti “giovani anziani” (65-74enni), fino a raggiungere il 50% negli ultra-ottantacinquenni.
Per il dolore cronico, si confermano le diseguaglianze di genere: il divario nelle stime di prevalenza tra maschi e femmine inizia infatti già all’età di 35 anni, e va man mano ampliandosi a sfavore delle persone di sesso femminile, con percentuali superiori di oltre 15 punti tra gli anziani (65 anni e più). Nel complesso, il 60% delle persone adulte con dolore cronico in Italia è di sesso femminile. Emerge, inoltre, il forte impatto del dolore cronico sul disagio psico-sociale con incremento di disturbi depressivi e perdita di lavoro.
Sono questi alcuni dei punti salienti evidenziati dal Rapporto ISTISAN "Dolore cronico in Italia e suoi correlati psicosociali” dall’Indagine europea sulla salute (European Health Interview Survey), presentato nella giornata di oggi - venerdì 1° marzo - nel corso di una conferenza stampa organizzata da Fondazione ISAL, realtà con sede principale a Rimini, nata nel 1993 come Istituto di Ricerca e Formazione in Scienze Algologiche con lo scopo di promuovere sia la ricerca e formazione medica sul dolore cronico, sia dare un sostegno alle persone che ne sono affette. Fin dal 2017 allo scopo di approfondire le conoscenze sul dolore cronico, Fondazione ISAL ha avviato una stretta collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), e ISTAT che ha permesso di sviluppare attività in vari campi di indagine scientifica, dalla ricerca biologica e genetica alla epidemiologia. E' in questa cornice che nasce l’Indagine europea sulla salute (EHIS, wave 3) - al cui interno è stato inserito un questionario, disegnato e validato dal Gruppo di Ricerca ISS-ISTAT-ISAL - condotta dall’ISTAT nel 2019 su un campione rappresentativo della popolazione italiana di più di 44mila persone.
"L’indagine - sottolinea il presidente di Fondazione ISAL, William Raffaeli - ha permesso di valutare la prevalenza del dolore cronico nella popolazione italiana e differenziarne la diffusione in relazione all’età, al genere e alla distribuzione geografica".
Un approfondimento è stato dedicato in particolar modo al tema dei fattori scatenanti, rispetto ai quali - continua Raffaeli - si evidenziano "alcune caratteristiche importanti per sviluppare azioni di prevenzione mirata sui singoli fattori di rischio, identificando le fasce più predisposte a sviluppare la patologia dolorosa".
I traumi sono il fattore di maggiore prevalenza con una percentuale del 44,5% nella popolazione tra i 18-24 anni per divenire poi il 32,8 % nella fascia di età tra i 35-44 anni e il 28,6 % tra i 45-54 per poi decrescere dopo i 65 anni ad un 12% circa. Gli interventi chirurgici rappresentano un fattore di prevalenza inversa, essendo la loro percentuale bassa nel gruppo tra i 18-34 anni (3,3- 2,6 %) ma aumentando a 5,8/5,7% tra i 35-54 anni per poi crescere al 7,1-8,1 % tra i 5-74 anni.
"Il dato - spiega Raffaeli - ci segnala come per una causa così ben prevedibile sia importante realizzare progetti di monitoraggio capaci di intercettare fin dalle prime fasi del decorso post-chirurgico i soggetti a rischio di sviluppare uno stato di dolore cronico ed inserirli in un percorso di cura anticipata e personalizzata".
Da non sottovalutare infine una tipologia causale molto rilevante che è stata classificato sotto il termine di “malattia non diagnosticata“ poiché le persone che sono comprese in questa fascia di dolore cronico non avevano avuto fattori scatenanti noti e non sanno ancora quale sia la malattia che ha generato il loro stato di dolore cronico; questa condizione è più frequente nella popolazione giovanile compresa tra i 24 -44 anni dove incide al 21,4 % riducendosi al 16,2 % nella fascia di età 45-54 per ridursi poi al 11,00-9,0 % tra i 55-75 anni.
Secondo la ricerca, lo stato sociale e l’istruzione possono influire sulla prevalenza del dolore che è più frequente nella popolazione che ha un livello di istruzione più basso; una differenza che non è presente nella popolazione compresa tra i 25-44 anni e che inizia ad evidenziarsi nelle classi di età 45-64 d ove la prevalenza del dolore è del 19% per coloro che hanno un livello di istruzione alto per diventare del 22,7% in chi ha un’istruzione media e del 27,9% nei soggetti con basso grado di istruzione. Differenze che diventano più evidenti nella popolazione con età superiore ai 65 anni dove la differenza tra chi ha una alta e una bassa istruzione determina una prevalenza del 32% e del 48 % rispettivamente
"I divari di genere e di istruzione - osserva Raffaeli - segnalano un grave disagio sociale che deve far riflettere sulla necessità di predisporre una divulgazione degli stessi nell’ambito dei servizi sociali e sanitari così da attuare strategie di intercettazione dello stato di dolore cronico agli esordi della patologia e facilitare l’immissione in percorsi di cura che ne riconoscano le specificità e peculiarita socio-sanitarie per evitare discriminazioni nella popolazione più fragile".
Un ultimo aspetto oggetto di una attenta riflessione è legato all'impatto del dolore cronico sullo stato di benessere/malessere psicologico. I sintomi depressivi di severità moderata/grave sono presenti nel 13,1% delle persone con dolore cronico rispetto all’1,8% delle persone senza dolore cronico. Al netto delle principali caratteristiche socio-demografiche, gli individui affetti da dolore cronico hanno un rischio di depressione grave 5 volte più alto rispetto ai non affetti.
Ricerca, sostegno alle persone con dolore, formazione, comunicazione sociale: questi gli obiettivi perseguiti da Fondazione ISAL attraverso una rete capillare presente sul territorio nazionale. La ricerca costituisce uno dei pilastri dell’azione della Fondazione; è caratterizzata da un quotidiano impegno dei ricercatori ISAL e dei colleghi con cui ISAL collabora presso numerosi istituti scientifici e centri di eccellenza in Italia e all’estero. Il sogno di ISAL è la realizzazione in Italia, assieme alla Rete del Dolore della Romagna, di un primo polo nazionale dedicato alla ricerca e cura del dolore cronico complesslo, attualmente senza nessuna possibilità di cura neppure nei Centri specialistici. Un obiettivo che si spera possa ritenersi in fase di avvio.
L'Emilia-Romagna ha definito due Centri Ospedalieri Hub (uno ogni 2.5 milioni di abitanti); di questi uno è collocato a Parma e uno a Ravenna. Nell'Area Vasta Romagna, per far fronte al bisogno di salute del territorio è stata attivata una rete ospedaliera dedicata alla terapia del dolore che oggi è strutturata come Rete assistenziale di Terapia del Dolore (RTD) della Romagna composta dal centro Hub di Ravenna/Lugo e i Centri Spoke negli ospedali di Rimini - Cesena e Forlì.