Di Davide Astori sta parlando tutto il mondo in queste ore. La sua morte lascia sbigottiti e perplessi in attesa che giunga una spiegazione che possa almeno farci dire: “Allora non si poteva fare proprio niente”. Il capitano della Fiorentina era alto un metro e 89 centimetri, pesava 80 chili: un fisicaccio, si dice dalle nostre parti. Lascia la sua donna ed una bambina di due anni. Lui aveva da poco superato quota 31. Con i nostri occhi l’abbiamo visto giocare al Dall’Ara poche domeniche fa contro il Bologna nel vittorioso derby dell’Appennino. Nemmeno a dirlo era stato tra i migliori in campo, capitano e punto di riferimento della Fiorentina.
Cosa sia successo nella notte tra sabato e ieri non è difficile metterlo insieme. Quando si gioca in trasferta, specie se così lontana come quella di Udine la società ospitata arriva il giorno prima, sceglie un albergo e ci passa la notte. Davide ieri sera, almeno da quello che si racconta, ha cenato con i suoi compagni ed è andato a dormire secondo regole stabilite da tempo. Ma non si è più risvegliato. Il suo cuore, controllatissimo da rigorosi esami, test, prove di sforzo, al pari di quelli di tutti i calciatori professionisti, ha cessato improvvisamente di battere. Come è possibile? Se lo chiedono tutti. Se l’arresto cardiaco è dovuto a cause naturali come mai nulla fino ad oggi ha creato il minimo sospetto alle decine di medici di club e della Nazionale che lo hanno visitato ed esaminato? L’autopsia pare inevitabile anche se non è ancora stata stabilita dalla Procura di Udine. In attesa di risposte più precise il mondo del calcio è sotto choc. E ci resterà fino a quando non saranno certe e definite le cause del decesso di un ragazzone a cui tutti invidiavano un fisico da granatiere più che da calciatore. Nel suo piccolo Geronimo si stringe alla compagna di vita di Davide e alla bimba che ora non rivedrà più suo padre, ai familiari più stretti, ai compagni di squadra, alla società e ai tanti tifosi di tutta Italia che – come noi – lo piangono.
Vittorio Pietracci