Da questa mattina su tutto il territorio che fu dell’Oasi di Torriana Montebello, le doppiette hanno ricominciato a sparare. Non solo è stata autorizzata la caccia di selezione al cinghiale (che viene attuata da personale specifico d’intesa con le Polizie provinciali) ma anche la braccata, attività prettamente ludico-ricreativa. Volontà della Regione Emilia Romagna che ha avanzato la richiesta di interpretare le norme contenute nel Dpcm del 3 novembre (che vietano lo spostamento tra Comuni) e della Prefettura di Bologna che ha dato di fatto l’autorizzazione permettendo ai cacciatori, anche di altre regioni, di spostarsi fuori dai confini per mettere in atto la braccata di gruppo al cinghiale.
“Già all’alba sul sentiero che porta al Santuario della Madonna di Saiano e al guado lungo il fiume Marecchia si sono radunati gruppi di cacciatori – spiegano dal Comitato per l’Oasi di Torriana e Montebello - che hanno continuato a sparare per tutta la mattinata. Una situazione insostenibile per gli abitanti di questo territorio, che una volta di più vedono calpestati i propri diritti in favore di chi, solo perché imbraccia una doppietta, può permettersi di non rispettare nemmeno i Dpcm che impongono a tutto il resto della popolazione italiana stringenti misure restrittive su spostamenti e attività. Singolari, per non dire pretestuose, le motivazioni addotte da Regione e Prefettura per autorizzare le braccate di gruppo: si rappresentano i cinghiali come “possibile veicolo di diffusione della Peste suina africana”, quando i documenti ufficiali indicano gli unici e sporadici casi italiani di questa malattia solamente in Sardegna e che in presenza di questa patologia si deve fermare la caccia e tenerla sotto controllo con una profilassi zootecnica. Il metodo delle braccate inoltre, come si legge chiaramente nell’articolato documento dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) “non può essere considerato il sistema preferibile per il controllo della specie, in particolare all’interno delle aree protette”. Permettendo di mettere in atto, anche in piena pandemia, un metodo di contenimento della specie di cui non è dimostrata l’efficacia, dunque, si è data la possibilità a decine di persone (che insieme arrivano in auto anche da altre Regioni e Comuni, che insieme si radunano, insieme avanzano nei boschi, insieme cacciano, insieme caricano i furgoni con le prede) di assembrarsi e muoversi a piacimento. Perché come è stato proposto, non si autorizzano gli agricoltori di Torriana e Montebello alla cattura dei cinghiali con chiusini, che si è rivelato essere più efficace e viene adottato nei territori con particolare valenza ambientale come Oasi e Parchi? Come possono le istituzioni chiedere sacrifici ai cittadini e poi autorizzare spostamenti di massa per pochi eletti? I sacrifici evidentemente non sono per tutti: basta prendere una licenza di caccia per poter fare ciò che si vuole. Almeno in Emilia Romagna, Regione green solo a parole”.