“UNEARTH. Portare alla luce” è il titolo dell'esposizione con la quale i due artisti visivi Eron e Andreco intervengono nelle sale del Musas, Museo Storico Archeologico di Santarcangelo. Il progetto, in forma di intervento diffuso, dialoga con la collezione permanente, composta da dipinti che vanno dal Tardo Medioevo all’Ottocento e da reperti archeologici compresi tra il Paleolitico e l’Età Romana. Nel corso della mostra è prevista inoltre la pubblicazione di un catalogo con testo critico di Helga Marsala. Appuntamento sabato 9 dicembre alle ore 16,30 con l’inaugurazione dell'esposizione, che resterà aperta fino al 30 settembre 2018 con una caratteristica particolare: a sorpresa, nel corso dei mesi, nuove opere si inseriranno nel percorso, secondo un concetto di evento “in progress” e con le modalità di un’esperienza graduale, nella piena fusione tra elementi della collezione e opere del presente.
Il titolo, UNEARTH, letteralmente “dissotterrare”, e quindi “portare alla luce”, rimanda anche all’idea di ritrovamento, rappresentando uno dei fil rouge che gli artisti hanno seguito durante l'allestimento, scoprendo via via le raccolte del museo e mescolandole con i propri interventi, che a loro volta il visitatore dovrà lentamente rintracciare. L’assenza di una reale separazione tra il piano storico e quello contemporaneo consentirà un approccio non razionale, di disorientamento e inabissamento, fondato sulla seduzione, sull’attenzione e su un tempo aperto. Consapevoli che “non esiste luce della conoscenza senza l'ignota oscurità”, Eron e Andreco si concentrano su ciò che è celato, sull'oscuro, il magico, il misterioso, indagandone gli aspetti scientifici e poetici. Affascinati dal reperto archeologico che deve ancora essere dissotterrato, dalla storia che sta dietro alla realizzazione di un dipinto, dal significato dell'oggetto simbolico e più in generale dalla strada per la conoscenza, disseminano così le loro opere lungo i tre piani del museo, fra le teche e le pareti, ricercando una forte armonia e una mimesi possibile tra spazi e presenze. È così che lo spettatore, da una condizione di osservazione passiva, si ritroverà a varcare una soglia sensibile, divenendo anch’egli esploratore e ricercatore.