Sabato 2 dicembre (ore 11,30, biblioteca comunale Centro della Pesa) verrà inaugurata la mostra documentaria Il Porto di Riccione. Documenti e immagini del porto di Riccione a 120 anni dalla sua costruzione. Si tratta dell’esposizione di un piccolo campione di immagini, cartoline d’epoca, fotografie, documenti, lettere, contratti e atti pubblici che precedono e seguono il 1897, l’anno della costruzione del primo abbozzo del porto riccionese, consistente di “… due moli Guardiani costruiti in legno, a gabbie riempite coi sassi del Monte di Gabicce”, come riportato nel contratto di affido.
Sono passati 120 anni da allora, ed è doveroso segnare una ricorrenza che riguarda un luogo che racconta l’identità della città ed è divenuto negli anni centrale e imprescindibile per la comunità riccionese, fino a diventarne uno dei simboli anche della sua fortuna turistica. Immagini e documenti, disposti in 20 pannelli, provengono dall’archivio storico del Comune di Riccione, dall’Archivio dell'Immagine "Isidoro Lanari", dall’Archivio di Stato di Rimini e dalla Rubiconia Accademia dei Filopatridi.
“Il porto è uno dei nostri luoghi dell’anima – afferma l’assessore Alessandra Battarra. E’ il posto dove darsi appuntamento, passeggiare, attendere le barche che rientrano, fermarsi sulle panchine con lo sguardo rivolto all’orizzonte. Un passaggio imprescindibile per i riccionesi e per i tanti turisti che lo frequentano in ogni stagione. La sua storia è parte della nostra storia, collettiva e individuale: è giusto ricordarla, come in questa occasione, ed è intenzione dell’amministrazione comunale procedere al più presto con la valorizzazione che merita un luogo così significativo per la nostra città”.
La mostra, a cura della biblioteca comunale, è visitabile presso la Galleria del Centro della Pesa tutti i giorni feriali negli orari di apertura della biblioteca. L’ingresso è libero.
Di seguito alcune delle informazioni riportate nel percorso espositivo.
Il porto di Riccione: tutto cominciò con quelle due “palate” riempite di pietrame d’Istria e massi del San Bartolo
Alla fine dell’Ottocento Riccione era ancora un piccolo borgo; gli abitanti oltre che all’agricoltura, si dedicavano alla pesca, praticata sotto costa e con imbarcazioni con poco pescaggio per la mancanza di un porto. Alcune barche venivano allora ancorate a palafitte di legno nel canale alla foce del Rio Melo, altre ancora erano tirate in secco sulla spiaggia. Nel periodo primavera-estate anche la foce del Rio Marano fungeva da ricovero per le imbarcazioni mentre al porto di Rimini venivano ormeggiati gli scafi più grandi e con maggior pescaggio. E’ solo nella seconda metà dell’800 (1865) che viene data voce alle necessità dei pescatori riccionesi attraverso il parroco della parrocchia San Martino, Don Carlo Tonini,che propone la costruzione di un opera in mare alla foce del Rio Melo. Tuttavia fu grazie alla Legge n.3095 del 1885 che prevedeva la costruzione di nuovi porti che il Comune di Rimini decide di redigere un progetto per soddisfare le richieste dei pescatori riccionesi. Il progetto fu completato nel 1893, ma per mancanza dei fondi necessari, si dovrà attendere il 1895 e la generosa offerta di Maria Boorman Wheeler Ceccarini che si offrì di anticipare al Comune di Rimini la somma ragguardevole di Lire 24.000. Il 26 agosto 1986 la ditta Bartoldi Luigi viene incaricata della costruzione di “…due moli Guardiani costruiti in legno, a gabbie riempite coi sassi del Monte di Gabicce.” L’opera fu completata l’anno successivo.
Il Capo del porto
Un porto, piccolo o grande, è un organismo in continuo movimento, un luogo determinante per la vita stessa di coloro che se ne allontanano o vi approdano. Gestire un tale servizio richiede non solo un grande senso del dovere ma un profondo amore per ogni suo aspetto. Gino Arcangeli fu uno tra i Capi del porto di Riccione, che per il suo altruismo e la sua generosità, rimane un raro esempio di affidabilità nei momenti di emergenza e di pericolo. Affidabile, onesto e sincero, seppure rude e scontroso, fu anche Dario Gnoli, che al porto svolgeva contemporaneamente diversi compiti: da custode della draga a rivenditore di materiali da pesca, passava le sue giornate in mille occupazioni sempre disponibile in caso di bisogno per chiunque si trovasse in difficoltà. La pesca nel sangue è sicuramente un’affermazione che ben si adatta alla famiglia Serafini di Riccione, che per quattro generazioni, dalla metà dell’800 alla metà del ‘900 hanno dedicato la loro vita a questa attività.
La darsena
Un problema di non facile soluzione che si palesò sin da subito fu rappresentato dal continuo riversarsi delle sabbie che ostruivano l’imboccatura del porto. Per far fronte al problema si attuò un primo prolungamento dei moli nel 1913 sostituendo il manufatto in legno con cemento armato e nell’occasione vennero allungati i moli di 50 metri. Da allora è stata una continua lotta tra l’avanzare della spiaggia e i moli troppo corti. L’acquisto di una draga da parte del Comune, nel 1950, sollevò i pescatori dall’immane lavoro manuale necessario a liberare il canale dalla sabbia. Lo sviluppo delle attività sportive e l’aumento delle barche da diporto rendeva tuttavia insufficiente il piccolo porto ad accogliere in sicurezza quanti vi approdavano. Se a ciò si aggiunge che durante l’estate, le imbarcazioni di Mussolini stanziavano lungo il nostro canale, si comprende la necessità di ampliare lo stesso con la realizzazione di una darsena. Fu lo stesso Duce a proporne la costruzione sul lato sinistro del canale. Nel 1938 il progetto venne finanziato e realizzato e Riccione divenne la prima città della costa romagnola attrezzata per agevolare lo sviluppo della nautica da diporto
Dagli anni Settanta ad oggi
L’esplosione del turismo nel corso degli anni ’60 e ’70 e la passione dei villeggianti per la navigazione da diporto, resero ben presto il piccolo porto inadeguato ad ospitare barche da pesca e da trasporto, per questo motivo sul finire degli anni Settanta si rese necessario aprire un’altra darsena, definita di ‘Levante’. Oggi il vanto del porto è rappresentato dal lancione storico di proprietà cittadina denominato ‘Saviolina’, ex ‘Nino Bixio’, sottratto al deperimento da un sapiente restauro. Nata come imbarcazione per la pesca del pesce turchino, nel 1998 la ‘Saviolina’ è stata dichiarata bene di interesse storico con Decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.