“Un corpo politico che aspira all’immortalità”, “La sua tecnica estroversa da star produce la sensazione che il pubblico lo giudichi sulla base di quello che pensa di se stesso” sono alcune delle frasi di Toni Servillo, il camaleontico protagonista di “Loro” di Sorrentino, chiamato a descrivere il suo personaggio. In effetti Silvio Berlusconi è sempre più un simbolo immortale, che secondo il regista del film non è né da condannare né da assolvere ma da scrutare nella sua inesauribile energia. Energia che ha risucchiato talmente tanto i paradossi della giustizia da miscelare condanna e redenzione in un’unica soluzione. Perché il Cavaliere è Giuda ma anche Cristo, tutto in un’unica entità. La sensazione di crocifissione morale del “più cattivo fra i cattivi” che ha subito in questi anni, e che l’ha reso Giuda, s’intreccia in una sorta di assoluzione dei peccati di tutti. Il sacrificio della croce di Berlusconi per la redenzione delle anime nazionalpopolari. Iscrivendogli per esempio la targhetta indelebile dei “Re dei Re dei Donnaioli” (da annoverare la delicatezza linguistica), ha incorporato tutti i donnaioli della Nazione. Il desiderio di punizione è al di sopra di Berlusconi, ma è a lui che tocca espiare. Un cristo. Borges sosteneva che il vero Gesù fosse Giuda, il traditore sacrificandosi si è dannato per sempre a essere odiato da tutti; ma proprio grazie al suo crimine il Messia si è potuto innalzare. L’idea del geniale scrittore è quindi che il sacrificio di Giuda sia stato essenziale alla Passione di Cristo. Nel caso del Silvio nazionale i ruoli s’incarnano a perfezione nella stessa figura immortale che s'innalza e si abbassa nella condanna e nella redenzione, nel sotterfugio e nella espiazione, nell’odio e nella stima. Berlusconi è il Giuda e il Cristo di se stesso. E la proiezione di quello che vorremmo e non vorremmo essere.
Stefania Bozzo
Cronaca
16:27 | 19/11/2017 - Rimini