La verità è che di tutta questa odissea politica legata al governo e al Movimento 5 Stelle dovremmo in realtà soffermarci sulla svolta sexy di Luigi Di Maio. L’oramai ex capo politico del Movimento, con quel gesto pubblico di togliersi la cravatta, grazie ad una spiazzante sensualità, sembrava più leader lì che prima. Quindi paradossalmente è probabile che la vera svolta del ministro per gli Affari Esteri la troverà proprio togliendosi, diciamo spogliandosi. Quella cravatta, e la sua svestizione, ha fatto emergere la beltà dei nostri
politici italiani, l’ex capo sembrava più affascinante lì che prima. E il fatto che simbolicamente per lui tale abbigliamento abbia sempre rappresentato “un modo per onorare la serietà delle istituzioni e il contegno che deve avere un uomo di Stato”, tanto da portarlo a questa azione plateale, porta noi cittadini a comunicargli simbolicamente che si vedeva che il nodo stava un po’ stretto; che tendeva a padroneggiare sull’intero outfit. L’ “elogio alla cravatta” arrivava prima di lui, magari non era proprio proprio così, ma era quello che si coglieva. La liberazione ha segnato un prima e un dopo Di Maio, e portato all’inevitabile resa dei conti sul bilancio dell’operato e alle supposizione su un eminente futuro. Il nodo sul passato, che ha segnato la vera moria dei 5 Stelle, è sempre e solo quello, ed è dannatamente elementare: l’alleanza con il Pd. E la conseguente sensazione di avere un vertice poco carismatico, poco leader, poco coerente. La percezione di un capo senza il coraggio di togliersela quella dannata cravatta. Che poi, senza, è anche più sexy.
Stefania Bozzo