“Sembra passato un secolo ma in realtà solo pochi mesi. Forse non tanti ricordano come, tra marzo e aprile, in pieno lockdown da pandemia, le carceri italiane furono al centro di violenze e devastazioni. Una situazione drammatica, effetto della pandemia, che ha toccato in maniera pesante l’Emilia Romagna ma che ha solo sfiorato il penitenziario riminese. Grazie agli interventi di prevenzione messi in atto dalla dirigenza e dal personale penitenziario si è riusciti in quei giorni bollenti a mantenere la situazione sotto controllo, prima che i malumori degenerassero. Erano i tempi in cui, per prevenire la pandemia, erano state sospese le visite e i contatti con i famigliari, un detonatore che ha portato con se altri rancori e malumori, esplodendo tutto in una volta.
Anche a Rimini dunque abbiamo vissuto, fuori dai riflettori, momenti critici. Tra questi ricordo, in particolare, una telefonata di aggiornamento sulla situazione dei “Casetti” con Aurelia Panzeca, comandante della Polizia penitenziaria di Rimini. Intorno a noi, anche in carceri della nostra Regione, la situazione stava degenerando, era un grido di allarme, di collaborazione umana oltre che istituzionale a cui non era possibile rispondere con la sola via burocratica. Tra le altre cose, serviva nel minor tempo possibile materiale di protezione (i cosi detti DPI, dispositivi di protezione individuale) per permettere agli agenti e al personale di poter intervenire in sicurezza e secondo i parametri di tutela sanitaria. Non c’era tempo, non si poteva aspettare passaggi burocratici, serviva intervenire subito, cosa che abbiamo fatto.
Anche grazie all’arrivo di questi dispositivi di sicurezza, gli agenti della polizia penitenziaria sono riusciti ad intervenire in attività di prevenzione che hanno scongiurato il peggio, permettendo al carcere di Rimini di uscire da quei momenti tragici (saranno più di dieci, si ricorderà, le vittime delle rivolte in tutta Italia, la maggior parte per overdose da psicofarmaci, rubati durante i saccheggi delle infermerie dei carceri) senza particolari incidenti e, soprattutto, senza vittime o devastazioni.
Fu un momento più privato che pubblico, e fortunatamente, perché significava che si era agito bene e in tempo. Uno dei momenti più critici e difficili del mio mandato istituzionale, che ho avuto la fortuna di poter condividere con funzionari ministeriali che, prima che ottimi professionisti, si sono rivelati persone di rara umanità.
Una dimostrazione in più l’ho avuta ieri quando, in abiti civili, si sono presentati nel mio ufficio di via Ducale Aurelia Panzeca, comandante della Polizia penitenziaria di Rimini, insieme all'ispettore Orazio Orazi e Silvio Biondi, della Polizia penitenziaria di Rimini. Con loro portavano alcuni doni, tra cui una vignetta e delle immagini prodotte dall’ispettore Orazi, in cui risaltavano, tra le altre, le scritte “io c’ero” e “presente”, per sottolineare l’aiuto ricevuto nel momento del bisogno. Nelle vignette, invece, vengono accomunati Dante e Fellini (la De Lorenzo, è direttrice anche del carcere ravennate, oltre che di quello riminese) unendo idealmente Rimini e Ravenna. Un gesto spontaneo che, fuori da ogni protocollo istituzionale, ha voluto semplicemente ribadire un concetto umano di fondamentale importanza per ogni funzionario ed amministratore pubblico, quello della collaborazione, della solidarietà, del sostegno tra istituzioni. Una delle visite che più mi hanno colpito e gratificato in questi ormai dieci anni da amministratore. Una delle prove più toccanti di come, una volta di più, nella tutela e nella amministrazione di un territorio, si siano rilevati fondamentali la collaborazione tra istituzioni e la fiducia umana tra funzionari e amministratori. Valori che, aldilà e prima di ogni valore personale, permettono una migliore ed efficace azione pubblica a tutela del cittadino e tutta la nostra comunità".
Gloria Lisi Vicesindaco con delega alla protezione sociale del Comune di Rimini