"I dati statistici elaborati dall'Ufficio Studi della Regione Emilia-Romagna dimostrano che la contingenza creatasi a seguito della pandemia per Covid 19, sta impattando pesantemente sull'occupazione femminile incidendo su pregresse criticità quali: diversità salariali tra uomini e donne, stabilità occupazionale, assenza delle donne nei luoghi apicali e decisionali a tutti i livelli. La pandemia ha peraltro pesato prepotentemente sulla cosiddetta segregazione occupazionale femminile che pone le stesse al di fuori del mercato del lavoro.Forse il sistema finora sviluppatosi e che ora sta declinando nell’ampliamento delle disuguaglianze e nella povertà sempre più diffusa delle persone è un sistema che non può più reggere: il periodo che stiamo vivendo può rappresentare una sfida ed un'opportunità per promuovere un vero Women new deal finalizzato alla promozione di un lavoro femminile dignitoso e ben retribuito, in cui le donne diventino protagoniste del processo di modernizzazione ed inclusione della società.
Al contrario, oggi assistiamo ancora all’oppressione economica e allo sfruttamento lavorativo: donne, giovani, migranti, lavoratori del settore pubblico e del settore privato vivono e continuano a vivere sperequazioni e iniquità. Il lavoro di cura e domestico continua a restare in misura sostanziale sulle spalle delle donne : 23 ore contro le 7,38 ore maschili, un dato non troppo diverso da quello registrato nel resto del Paese (26 ore contro 7). E che per tutto tra marzo e giugno 2020 si sono verificate ripetute flessioni congiunturali dell’occupazione con oltre 37 mila posizioni dipendenti perse, di cui oltre 22mila femminili, pari al 60% .Man mano che crescono sfinimento e insicurezza causati da queste condizioni vediamo che è sbagliato il rapporto con il lavoro e con un sistema economico che basa il profitto sulla sofferenza degli altri privandoli di pari opportunità e dignità. Un sistema socio-economico improntato sull’oppressione e sullo sfruttamento di risorse scarse, contese e non equamente distribuite accentua le differenze tra chi può e chi non può, genera discriminazione tra uomini e donne, tra donne madri e donne single, tra giovani e adulti; giustifica le contraddizioni insite nelle relazioni sociali. Dobbiamo desiderare un sistema diverso, un sistema che sia meno refrattario a tener conto della vita umana e del benessere diffuso, in cui il lavoro sia dignitoso e contribuisca a far crescere istruzione e diritti. Dobbiamo desiderare semplicemente un sistema economico che dia valore alla vita e rimetta la vita al posto che le spetta.
Non è accettabile che il mercato del lavoro, seppur in una regione virtuosa come l'Emilia-Romagna registri ancora un gap di genere a sfavore delle donne di circa 15 punti percentuali ed in cui alla maggior istruzione delle donne non corrisponde una qualifica lavorativa adeguata; in cui le donne sono relegate al lavoro part-time involontario, cioè non a loro favore, ma a favore del datore di lavoro e della flessibilità aziendale.
Il sistema, così come lo conosciamo ora, genera Lavoro nero, insicurezza sul lavoro, inoccupazione femminile, fughe giovanili, lavoro precario, lavoro ridotto e abbiamo visto come in una situazione di emergenza tutto questo esplode fino a collassare lasciandoci nella paura, nell’impotenza e nella rabbia; ecco perché ora dobbiamo pensare a un nuovo modello economico che a partire proprio dall’eliminazione delle disuguaglianze può rivedersi nei suoi significati sostanziali. Non possiamo cambiare la nostra vita quotidiana senza cambiare le Istituzioni e per questo ci vuole coraggio".
Coraggiosa Rimini e Cattolica