La sensazione è che ci sia ancora forte un clima di inconsapevole follia, dove l’unico valore certo siamo noi. L’umanità e i nostri affari. E anche se l’allarme decretato dall’Australian Koala Foundation (Akf), che da anni monitora la sorte dei koala, è drammaticamente funesto, rientra in una sensibilità che sembra solo a malapena sfiorarci. Come se noi e la natura che ci circonda non fossimo un tutt’uno, come se esistessero tanti mondi all’interno del nostro mondo che abbiamo la presunzione di manipolare o abbandonare. La costante perdita delle foreste di eucalipto, di cui i marsupiali si cibano in modo esclusivo, quindi la scomparsa di fatto del loro habitat unita a eventi climatici estremi (come siccità e anomale ondate di caldo) hanno portato i biologi a considerare l’animale come oramai “funzionalmente estinto”. Sono solo 80 mila i sopravvissuti e l’estinzione, dati e statistiche alla mano, è pressochè certa. Ci rimarranno i peluche e qualche cartolina in cui lo guarderemo sornione avvinghiato ad un albero di eucalipto. Ci dovremmo accontentare di ammirarlo nel suo habitat, ormai distrutto, in una immagine; e lo faremo sospirando su quanto era tenero in quella posa da orsacchiotto dormiglione. Ma siamo talmente folli e svincolati dall’essenza della realtà che magari ci basterà. Ed è questa la paura più grande, quella di continuare a credere di essere l’unico valore certo. Se “L’uomo è misura di tutte le cose” (Protagora, V secolo a.C.), dovrebbe cominciare a misurarsi con la Terra, uniformandosi. Lottando, abbandonando la follia, per varare leggi a tutela degli habitat per gli animali in pericolo di estinzione, in modo da provare con tutte le forze (e misure) a preservare le specie e permettere i ripopolamenti.
Genyornis newtoni è un uccello che faceva parte della fauna australiana fino a circa 50000 anni fa, si è poi estinto in seguito all’arrivo dell’uomo. L’uso intensivo di incendi come tecnica di deforestazione, e il conseguente drastico cambiamento vegetativo, hanno inevitabilmente portato alla sua scomparsa. Ma la misura dell’uomo di oggi non può avere la stessa necessità o inconsapevolezza dell’uomo che precede la storia. Ma la storia invece è la sempre la stessa, con l’imperdonabile colpa di chi ha l’alternativa ma non la usa. Nel 2010 alcuni archeologi hanno annunciato la scoperta di una pittura rupestre aborigena nel sito di Nawarla Gabarnmung, dove sono rappresentati nel dettaglio due uccelli. Probabilmente due esemplari di Genyornis newtoni. E chissà in quanti uomini preistorici avranno guardato quell’immagine, magari sospirando.
Stefania Bozzo