I “Gladiatori”, l'eccezionale affresco venuto alla luce a Pompei nella parete di un umile sottoscala, sembra incredibilmente un'opera di Giorgio de Chirico. I corpi sgraziati e massicci dei due combattenti, adornati dagli elmi piumati e le schiniere d'ordinanza, sembrano manichini; fumettistiche nature morte. Se non fosse che il soccombente sprizzasse sangue come uno degli 88 Folli di Kill Bill e puntasse il dito come Beppe Grillo in uno dei suoi show elevati, sembrerebbe senza dubbio un quadro metafisico; la rappresentazione di un mondo fuori dal mondo antico. I gladiatori non ci sfidano con nessun slancio eroico, non si percepisce nessun timore; e più che scatenare l'inferno mi sa che dopo la lotta di scateneranno con un abbacchio da paura. Massimo Osanna, l'archeologo che guida il Parco Archeologico di Pompei dal 2014, sottolinea come la raffigurazione sia “sorprendente perchè ci svela qualcosa in più su come i pompeiani vedevano il mondo: con un tocco di umorismo”. Ma anche evidentemente con un tocco avanguardista. La straodinaria scoperta ha l'impeto di un'opera moderna. E se Giorgio de Chirico, in mostra al Palazzo Reale di Milano fino al 19 gennaio 2020, è uno dei primi pittori moderni pur restando antico; l'autore dei “Gladiatori” è totalmente contemporaneo, nel suo tempo, e nel nostro. La sua opera è stata eternizzata dalle ceneri del Vesuvio, protetta da una classicità di cui sembra non voler far parte. Un'opera metafisica, in una Pompei più viva che mai.
Stefania Bozzo