William Turner è un artista romantico inglese che trasporta nei suoi dipinti un senso di minaccia e di idillio in relazione al paesaggio. Gli uomini sono travolti da una natura sublime ma tumultuosa; ne risultano vittime, prevaricati da una “matrigna” pericolosa che li rende il nulla di fronte all’infinito. Nella sua opera informale del 1835, “Incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni”, il pittore rappresenta un paesaggio che si infuoca; le fiamme travolgono il cielo, entrano nell’acqua, diventano una macchia che simboleggia il potere supremo della natura e l’incolumità degli uomini. E la sensibilità che senza dubbio contraddistingue l’artista lo avrebbe sicuramente portato a rappresentare, ai giorni nostri, il dramma australiano: 10,7 milioni di ettari bruciati con le più tragiche conseguenze per la vegetazione, gli animali e gli uomini. E certamente Turner sarebbe stato travolto da una profonda crisi esistenziale, alla pari di un poeta del Decadentismo; avrebbe dovuto mettere in discussione poetiche e convinzioni. Il 2019 in Australia è stato l’anno più caldo della storia, la siccità ha fatto da “benzina” per la diffusione dei roghi (le piante disidratate bruciano di più) e lo “spotting” (il distaccarsi delle scintille dalle chiome infuocate degli alberi) ha reso la velocità e l’energia del fuoco incontrollabili. Tale catastrofe è avvenuta perché la natura è matrigna? Non proprio. Il nuovo clima incenerisce e vede una natura prevaricata da un uomo minaccioso, che tra l’altro di sublime ha ben poco. E di infinito mantiene quell’estenuante senso di prevaricazione e potenza, che spesso lo porta a non fare nulla in relazione al paesaggio. Quel senso di minaccia è influenzato dall’attività inquinante dell’uomo. Non c’è stato idillio in Australia, solo tanta disperazione.
Stefania Bozzo