“Quanto accaduto a Rimini sabato, e poi nelle ore successive, è la perfetta dimostrazione di come in Italia, e in Europa, i problemi si preferisce né affrontarli né tantomeno risolverli. Meglio, molto meglio, alzare il consueto polverone, sicuri che passerà la nottata, e tutto tornerà a breve nelle braccia di un pigro e tranquillizzante (per la burocrazia) tran tran. I fatti sono lì per raccontarci questa storia italiana, con vista su un’Europa altrettanto distratta. C’è un cittadino somalo in giro da un paio d'anni per i Paesi del Continente, con lo status di ‘richiedente asilo politico’, respinto di qui a là come una pallina da flipper nella apparente indifferenza di tutti. L'uomo giunge quest’estate in Italia, Paese che ha procedure, tempi, leggi sul tema dell’immigrazione, quasi sempre piegati a una gestione del tutto burocratica delle situazioni anche particolari. Si sapeva già del carattere, diciamo così, particolare del somalo? Non è certo, ma quello che è certo è che la cosiddetta ‘presa in carico’ da parte dell'Italia è meccanica, piatta, anonima. A quanto si legge, la Croce Rossa di Riccione, che da agosto ospita nelle sue strutture il richiedente asilo, segnala all’organo decentrato dello Stato i comportamenti oltre le righe di questa persona. Senza che, a quanto pare, accada nulla. Accade l’avvenimento drammatico e subito si scatena, con una velocità da centometrista, una polemica politica stravista, strasentita, stramiope.
Si comincia dal livello nazionale. L’ex ministro all’Interno, che per il territorio riminese nel suo mandato governativo non solo non ha fatto nulla ma ha cancellato con un colpo di spugna l'accordo per la Cittadella della Sicurezza nella sede di via Ugo Bassi, attacca l'attuale Ministra per questioni evidentemente ‘altre’. L'attuale Ministra ‘risponde’ con la sua presenza in città a caso pressoché chiuso, dopo non avere avuto alcun segnale né risposta dal Viminale nei mesi precedenti per le reali problematiche legate all'ordine pubblico nella città ad alto flusso turistico (vedi, ad esempio, il fenomeno baby gang). Poi il livello locale della politica, a neanche un mese dalle amministrative. Una sarabanda di dichiarazioni la cui pretestuosità e strumentalizzazione sul filo del ragionamento ‘tanto peggio, tanto meglio’. Oppure, parafrasando la celebre battuta del film ‘Il capitale umano’, ‘scommettiamo sulla rovina di Rimini e dell’Italia’. Rendendo plastico come sia del tutto. Tutto l’armamentario consueto il cui finale ‘non finale’, pronto prossimamente all'uso per qualsiasi altro fatto di cronaca in qualsiasi altra città italiana, sarebbe già scritto. Se nel frattempo una città italiana, un pezzo di questo Paese che spesso ci fa arrabbiare ma che amiamo profondamente, con le sue istituzioni, il suo spirito solidale, la sua dignità, la sua capacità organizzativa, le sue donne e i suoi uomini, non avesse provveduto in 24 ore a fare quello che un continente, uno Stato, una politica malmostosa non sono riusciti a fare in tanti anni.
Questa città è la nostra, Rimini. Il colpevole dei ferimenti è stato subito arrestato dalla Polizia, la Sanità ha salvato la vita a un bambino di 6 anni e ha provveduto a curare i feriti, le istituzioni- a cominciare dal Comune di Rimini del sindaco Gnassi, della vice sindaca Frisoni, dei suoi servizi sociali in costante rete con il Comune di Poggio Torriana e Santarcangelo - hanno fatto sentire da subito tutto il calore e l’organizzazione solidale intorno alla famiglia sconvolta del piccolo accoltellato e delle persone colpite. Le cose non avvengono per miracolo. Forze dell'ordine, sanità, protezione sociale, Enti locali, la loro collaborazione e la loro ritrovata unità (purché un tema primario come la sicurezza non ha colore) a casi drammatici come questo, è figlia di una storia, di una cultura, di investimenti, soprattutto di una fortissima radice altruistica e solidale che a volte dimentichiamo nella quotidianità. Al Governo, ai Ministri, ai partiti, alla politica noi mostriamo la nostra parte più bella, il nostro esempio. Noi siamo Rimini. E questa è la vera morale di questa storia italiana (ed europea)”.
Jamil Sadegholovaad