“Il dato certo è che la liberalizzazione totale degli orari del commercio è fallita e che risulta urgente una revisione di questa norma. Nel primo anno dall’entrata in vigore del provvedimento inserito nel cosiddetto “Salva Italia” voluto dal governo Monti, da gennaio 2012 a gennaio 2013, il settore commercio ha perso 100mila posti di lavoro, registrando 28,5 miliardi di minori consumi di beni da parte delle famiglie. Anche sul fronte della concorrenza l’effetto della liberalizzazione è stato controproducente: la concentrazione dei consumi nei weekend ha favorito solo la grande distribuzione, non ha aumentato fatturato e ha contribuito all’aumento dell’erosione dei piccoli esercizi che non sono riusciti a sostenere l’aggravio dei costi. Un quadro che non si è modificato nel tempo, tanto che tra il 2012 e il 2016 ci sono state ben 267mila serrate di piccoli esercizi, con in media 122 negozi chiusi al giorno. Negli ultimi dieci anni il commercio ha perso il 4,8% degli occupati, un trend che non accenna a diminuire, con una demografia dei negozi in sede fissa nei centri storici che tocca il -14,9%. Dal 2007 ad oggi imprenditori, lavoratori in proprio e collaboratori familiari sono passati da 4,3 milioni a 3,7 milioni con una perdita secca superiore alle 600mila unità. I numeri, provenienti da fonti diverse, inducono ad un’unica riflessione: la liberalizzazione degli orari di apertura non solo non ha risolto i problemi del commercio, con particolare riferimento ai negozi di vicinato, ma li ha acuiti . Conoscendo bene il valore degli esercizi commerciali di prossimità per tutti i nostri territori, dove le vetrine illuminate sottraggono spazio a degrado e criminalità, una regolamentazione si ritiene non solo necessaria, ma fondamentale. Siamo dunque contenti che si sia tornati su questa decisione e siamo pronti a dare il nostro contributo. Va però pensato anche un aumento della Web Tax, al momento con percentuali ridicole, che possa evitare di far diventare questa regolamentazione un nuovo assist per il commercio delle multinazionali on-line. Siamo molto contenti che su questo tema fondamentale per il settore si sia arrivati ad una discussione seria a livello politico – continua Zanzini -. Non siamo favorevoli alle chiusure festive totali, perché i servizi al consumatore vanno garantiti e l’occupazione e gli incassi tutelati. Siamo sicuri però che una gestione degli orari possa generare una nuova rinascita del commercio di vicinato, strozzato anche da una liberalizzazione selvaggia che non ha tenuto conto delle scarse possibilità di investimento delle piccole e micro imprese. Si potrebbe cominciare dalla chiusura imposta nelle feste civili e religiose. Abbiamo bisogno di regole e di certezze, ma va tenuto conto che nelle zone turistiche il commercio è parte integrante dell’offerta e deroghe andranno fissate. Il tutto con una regia regionale che salvaguardi la concorrenza fra territori limitrofi. Per una concorrenza leale va ricordato anche che non tutte le domeniche sono uguali, ad esempio una domenica vicina ad un ponte festivo sarà più appetibile… E poi non sarà facile mantenere per ogni settore merceologico un’apertura del 25% delle imprese sul territorio, con un sicuro aggravio del lavoro di coordinamento da parte delle amministrazioni locali. Per quanto riguarda l’occupazione però, la grande distribuzione non paventi scenari apocalittici, perché quello che andrà perso, verrà recuperato nel medio periodo attraverso una rivitalizzazione del commercio al dettaglio.
Giammaria Zanzini, consigliere nazionale di Federmoda - Confcommercio