Mario Draghi, colui che con quasi certezza sarà il nostro nuovo Presidente del Consiglio, ha lo stesso sguardo di Antonio Ligabue. Gli stessi occhi severi e mollicci dell’ artista. E ci scruta come il pittore ci osserva nei suoi autoritratti, con un grugno bizzarro e cupo. In realtà, in questo tempo disperato e sconsolato, anche noi guardiamo l’ ex Presidente Bce allo stesso modo. Quindi in sostanza la pandemia ci ha fatto diventare tutti un po’ Ligabue. O Mario Draghi, a seconda. E nella più completa pazzia e disperazione, occhiatacce a parte, ci sentiamo come quei maestosi animali dipinti dall’ artista. In una giungla selvaggia, lasciati in cattività, ma a volte anche rinchiusi in gabbia, per poi essere lasciati liberi. E comunque sempre a caccia di un pasto, di uno spiraglio di luce. Oramai stiamo cominciando anche a ruggire. Ruggiamo senza sapere contro chi e contro cosa. Siamo un popolo di animali affamati, stremati, deformi. Abbiamo modo anche di osservarci, nella mostra “Ligabue e Vitaloni. Dare voce alla natura” a Palazzo Tarasconi, riaperta dal 1 febbraio a Parma dopo il lungo stop causato dal virus. Una esposizione artistica che non potrebbe essere più iperrealistica, al passo con I tempi, una fotografia della nostra disperazione. In alternativa all’ arte possiamo sempre specchiarci, con sguardo bizzarro e cupo, negli occhi severi e mollicci di Draghi.
Stefania Bozzo
Opinioni
11:06 | 12/11/2024 - Rimini