Il Quirinale trasmette l’idea di un luogo distante, quasi disabitato, una città incantata frequentata da pochi omini che si muovono robotici fra quelle spettacolari stanze, quasi inanimati, sagome ritagliate nell’ombra delle istituzioni. Il palazzo del Colle ci proietta verso un mondo misterioso; è la casa di tutti e di nessuno limitata da indeterminati spazi e assenze. Vuoti che in parte sono stati colmati con l’acquisizione da parte del Presidente della Repubblica di numerose opere di grandi maestri del ‘900 (tra gli altri De Chirico, Manzù, Guttuso, Fontana, Marini). Il Quirinale è diventato così la Patria dell’esilio di 36 quadri/sculture e 32 oggetti d’arte contemporanea. Patria che non potrebbe essere più azzeccata in quanto essa stessa emblema metafisico. L’icona statale di un luogo immobile e passivo con all’interno il bronzo di De Chirico non si limita ad esserne il contenitore, ma entra a pieno titolo nell’opera. E Sergio Mattarella ne è l’autore indiscusso. De Chirico odiava l’arte contemporanea. Non sappiamo se il Presidente abbia in realtà lo stesso cruccio con l’arte del nostro tempo, ma a sua insaputa ha dato vita ad una metafisica dentro la metafisica.
Una neometafisica istituzionalizzata. Ugo Zampetti, segretario generale del Colle, ha puntualizzato come “Il Quirinale sia un palazzo vivo, simbolo da sempre della massima istituzione italiana, ma le sue acquisizioni erano ferme al periodo del Regno di Sicilia”. Quindi, in pratica, dai Savoia in poi è rimasto morto fino ad oggi. Per poi rinascere, aprendosi ad una sensibilità nuova, non accontentandosi di fare da sfondo. Il Quirinale, entrando nell’arte, ha fatto emergere l’animo presidenziale dell’artista. Un Mattarella
all’Avanguardia.
Stefania Bozzo