Parafrasando una canzone degli Stadio si potrebbe dire, “chiedi chi era Paolo Rossi”?
Per quelli della mia generazione può apparire inconcepibile non sapere chi è Paolo Rossi, ma per molti giovani può essere uno sconosciuto, uno di cui si è sentito parlare dai genitori o dai nonni od al più, per chi segue SKy, un commentatore sportivo.
Ed allora vorrei dire a questi giovani, che se si sono persi i Beatles gli mancheranno le basi per capire la musica moderna e se non sanno nulla di Paolo Rossi calciatore, non sapranno cos’è il calcio.
Non il calcio delle belle macchine, degli aerei privati delle modelle e dei soldi, ma quello dell’odore dell’erba, del rumore del pallone quando viene colpito bene, dell’immensa soddisfazione del gol, della tensione prima di tirare un calcio di rigore in uno stadio pieno.
Ci sono stati campioni più bravi prima e dopo di lui, ma lui è stato un fulgido esempio di talento, di sacrificio e di carattere, indispensabili per diventare un campione.
Ha sbagliato ed ha pagato, ha subito infortuni gravi ed è risorto, è stato valutato miliardi (oggi milioni) ma non ha perso l’umiltà, ha giocato nella Juve, ma nello stesso modo e con lo stesso impegno nel Perugia e nel Vicenza.
È stato considerato un uomo finito ed un calciatore mediocre prima del mondiale dell’’82 e poi è diventato l’eroe nazionale dopo la partita con il Brasile.
Sempre con dignità, con umiltà senza mai lasciarsi andare a rivalse o rivincite.
Poi ha lasciato il calcio senza grandi patemi d’animo rientrando nelle consuetudini di una vita normale.
Infine tutti quelli che lo hanno conosciuto ne parlano bene come calciatore e benissimo come uomo.
Però a me Pablito è rimasto impresso nei ricordi della mia infanzia per un tratto tipico, forse un po’ romantico che mi ha formato e che vorrei formasse anche i mie figli.
Vedere giocare Paolo Rossi ti faceva innamorare del calcio. Non dei soldi, della fama delle donne che questo magari comporta, ma del calcio come passione.
Mi è rimasta impressa una sua frase che ho sentito in una delle tante interviste riproposte in questi giorni.
Ricordava la sensazione di piacere ed insieme di tensione che il rumore dei tacchetti faceva sul corridoio di ingresso nel sottopassaggio per entrare in campo. Ecco chi ha giocato anche solo in un campo di parrocchia quel rumore lì l’ha sentito e quella sensazione lì la provata.
A quei tempi tutti giocavamo a pallone per quelle sensazioni. Oggi temo che i ragazzi siano più spinti dal desiderio di fama e di denaro che da quella passione ed infatti diminuiscono i campi di calcio ed aumentano i campi di calcetto. Si vorrebbero gli onori ma non si vogliono gli oneri, si vorrebbe il risultato brillante ma si ha paura della sconfitta. Paolo Rossi non ha avuto paura della sconfitta si è rimboccato le maniche ed ha costruito con sacrificio il suo successo. Paolo Rossi... era un ragazzo come noi.
Marco Lombardi
Opinioni
11:06 | 12/11/2024 - Rimini