Nell’immaginario collettivo Caligola viene visto come una figura mitica collegata a torbide vicende storiche, ad atteggiamenti dettati dall’eccesso e dalla smania di potere. Tralasciando le sollecitazioni della fantasia e del preconcetto, da una precisa documentazione storica-critica emerge un profilo del principe più equilibrato dove, accanto alla follia, trova posto anche un po’ di moderazione e una certa coerenza. In quest’ottica, con l’espulsione del senatore Gianluigi Paragone, il Movimento 5 Stelle si è mostrato meno
coerente e moderato di quello dell’imperatore. Il rapporto tra il partito di Grillo ed i suoi elettori è paragonabile a quello tra Caligola e i suoi senatori. Questi ultimi hanno consegnato il potere al principe romano, le grandi speranza riposte lo dotavano di un eccezionale capitale di fiducia, ma nessuno evidentemente poteva predire come egli si accingesse ad utilizzarla. Così il Movimento. Un’epoca completamente nuova si è palesata, fatta di alleanze inimmaginabili e compromessi. E il Collegio dei probiviri, che ha sentenziato l’espulsione del senatore Paragone, sembra già un’istituzione al di là della storia romana. Il Tribunale dell’Inquisizione grillina che caccia l’eretico, nel nome di un culto meno lineare di quello di Caligola. L’imperatore era coerente nella sua eccentricità. “Spesso lo si vede con la barba dorata, tenendo in mano gli attributi di qualche dio, la folgore, il tridente o il caduceo, e anche in pubblico, mascherato da Venere” (Svetonio, Calig., 52). Si atteggiava da dio, mica da salvatore del popolo.
Stefania Bozzo