Vittorio Sgarbi non è un critico d’arte. E’ un profeta perché la sua parola equivale all’estasi di un mistico. Un vate dell’arte che attraverso la sua poesia racconta la bellezza in uno stato perenne di eccitazione, incontrollato, per emanazione, come se non avesse scelta, come se tutto fosse già deciso dalla sua divina vena interiore. E da grande mistico il fuoco di quell’impulso lo asseconda per mostrarci quello che a noi sfugge. Come se quel dono che lo illumina si rivelasse a noi, attraverso lui. Vittorio Sgarbi è il profeta di un mondo che c’è perché lui ce lo fa vedere. Scruta l’anima che sovrasta la bellezza. E da lì, ci fa arrivare a Dio. Un innalzamento di cui siamo spettatori in una condizione totale e assoluta di rivelazione, devoti perché di fronte a delle visioni che non appartengono solo alla natura terrena dell’uomo, ma allo specchio della sua coscienza. Dio esiste non solo perché esiste l’arte, ma anche perché esistono profeti che ci consentono di salire. Lassù, fino all’anima della pittura. Lo spettacolo “Leonardo” di Vittorio Sgarbi, in rassegna in tutta Italia e a Forlì al Teatro Fabbri il 21 febbraio, ci racconta Il Da Vinci pittore. Il genio dell’imperfezione; nonostante i suoi limiti tecnici, l’insufficienza di mestiere, l’incompletezza delle sue opere cerca di competere con il Divino nell’assolutismo della sua concezione. Uno spettacolo che ci dona la possibilità di andare anche oltre quella sua arte come “cosa mentale”, che antepone cioè l’intuizione all’espressione. Vittorio Sgarbi finisce il “non finito” di Leonardo. Conclude l’incompiuto. Il profeta ha continuato a creare, grazie alla sua critica, nel nome di un Leonardo che ci vuole convincere che Dio è in noi. Leonardo Da Vinci sfida l’Altissimo, mentre Sgarbi ce lo rivela nell’estasi della sua grandezza.
Stefania Bozzo