Ieri notte migliaia di famiglie dall’Appennino alla Romagna hanno dormito fuori casa o sono “ai piani alti”. A un anno e mezzo dal disastro del Maggio 2023 sembra che niente sia cambiato, non sono bastati i 14 morti della Romagna e i paesi isolati per più di un anno per insegnare a chi gestisce questo territorio che alluvioni e inondazioni non sono più e saranno sempre meno eventi “eccezionali”.
La prima pioggia stagionale ci mostra un territorio ancora fragile, in cui in 18 mesi di promesse e proclami non è stato fatto assolutamente nulla per metterlo in sicurezza. Di fronte a una crisi climatica sempre più palese, il governo Meloni continua con il negazionismo climatico, mentre abbiamo visto un vergognoso gioco delle tre carte per cui i soldi per gli alluvionati della Romagna venivano trasferiti agli alluvionati della Toscana, per cui i “ristori” arrivano poco e in ritardo, per cui si fa fatica a ricordare cosa abbia fatto Figliuolo se non grandi passerelle. Dall’altra parte Bonaccini ha sprecato mesi nella lotta per cercare di diventare commissario alla ristrutturazione salvo poi accettare supinamente la nomina del generale Figliuolo e poi staccare un biglietto gratis per il Parlamento Europeo. E mentre la Regione proclamava “consumo di suolo zero”, si procedeva a continuare a consumare suolo, con un modello di sviluppo basato su logistica ed edilizia, mentre la vera grande opera necessaria è la desigillazione di vaste porzioni di terreno che nei decenni sono state divorate dal cemento. Oltre all’Appennino, il territorio maggiormente colpito è il ravennate: Ravenna, da questo punto di vista, non si tira indietro, rimanendo ogni anno stabile sul podio delle province che consumano più ettari di suolo, seconda solo a Roma. Eppure, subito dopo l’alluvione, il sindaco De Pascale, oggi candidato PD alla presidenza della regioni in piena continuità con Bonaccini, rispose agli ambientalisti che criticavano la cementificazione selvaggia dicendo che “prima i comunisti come mio nonno abbracciavano l’innovazione per bonificare, spaccandosi la schiena, adesso gli ambientalisti vorrebbero bloccare tutto” chiedendo quindi “è più importante salvare vite umane o preoccuparsi di questioni come la nidificazione nei fiumi o la difesa di alberi e nutrie?” De Pascale riesce a fare un contrattacco incredibile: l’alluvione non è colpa della cementificazione, ma degli ambientalisti e delle nutrie.
Non si possono ripetere le scene del 2023, quando migliaia e migliaia di volontari hanno ripulito la Romagna mentre i mezzi del genio militare sono rimasti fermi nelle caserme – o peggio, impegnati nelle esercitazioni della NATO – e le autorità locali col sindaco di Ravenna De Pascale in testa hanno anche espresso fastidio per le persone che accorrevano da tutta Italia. Chi ha avuto la città sommersa dal fango e i “burdel del paciugo” lo sanno bene: da parte dello stato sono stati messi a disposizioni pochi mezzi e pochi uomini della Protezione Civile, e dei famosi “mezzi pesanti” militari non s’è vista neanche l’ombra. Quando lo abbiamo denunciato con un presidio in Piazza del Popolo a Ravenna, ci siamo presi anche dei decreti penali di condanna.
Esprimiamo ancora la nostra vicinanza a tutte le persone che in questi giorni sono colpite da alluvioni e inondazioni. Nei prossimi giorni teniamoci pronti perché le retoriche incrociate di regione e governo nazionale non possono più nascondere il disastro continuo!