Sarà proiettato domani a Rimini, “Di che colonia sei?” l’ultimo docufilm del regista Riccardo Marchesini, realizzato da Giostra Film in collaborazione con Il Palloncino Rosso, associazione riminese che ha realizzato nel trienno 2018 -2020 il progetto "Riutilizzasi Colonia Bolognese".
Presentato all'ultima edizione del Bellaria Film Festival, il documentario, accompagnato dalla splendida colonna sonora composta da Federico Mecozzi, inizia il suo viaggio proprio da qui, da Rimini, la città che ospita uno dei magnifici luoghi raccontati nel film: la Colonia Bolognese. Negli ultimi anni sulle pagine dei giornali locali per le aste che hanno consegnato il monumentale complesso a una storia futura tutta da scrivere, la Bolognese rimane un luogo speciale per molti. Amata, bistrattata, temuta, ricordata con nostalgia, è per eccellenza il simbolo delle vacanze in colonia, quando migliaia di bambini scendevano per trascorrere un mese al mare di Romagna. Arrivavano da un Nord che poteva essere molto vicino, come Bologna, o lontanissimo, addirittura oltre confine, come i figli degli immigrati italiani di Francia, Germania, Belgio, Svizzera, Austria, che passavano l’estate in colonie nate apposta per ospitarli.
Oppure c’erano i bambini e le bambine della quarta sponda, provenienti dalla Libia, un Sud mitico ed esotico che esisteva solo nell’immaginazione, nella propaganda e sulle cartine geografiche, partiti in 15.000 i primi giorni di giugno del 1940, su 8 navi. Destinazione: le colonie d’Italia, per un soggiorno voluto dal duce. Pochi giorni dopo, il 10 giugno, dal balcone di Piazza Venezia, Mussolini, rivolgendosi ai "Combattenti di terra, di mare, dell'aria", annunciò l’entrata in guerra dell’Italia. Da allora quei 13.000 bambini per anni sopravvissero spostandosi da un luogo all’altro della penisola, passando per istituti e ricoveri di fortuna senza sapere se mai avrebbero rivisto i propri genitori. Le colonie furono la trappola in cui la notizia della guerra li colse distruggendo la loro infanzia. Una storia che non si racconta mai abbastanza.
Ma insieme a quelle piccole esistenze segnate per sempre da un dolore inammissibile, ci sono i ricordi delle estati belle di chi raggiungeva il mare per vederlo per la prima volta, per un bagno prudente che arrivava alle ginocchia, per i giochi con le biglie, le canzoni mai più dimenticate, i primi rossori, guadagnarsi il proprio ruolo come addetto all’alzabandiera nel piazzale, un pasto garantito tre volte al giorno, ma anche quelle piene di tristezza e di una feroce nostalgia di casa, di pianti nelle camerate e di pipì che scappava durante la notte con la paura di affrontare corridoi bui e pieni di mostri immaginati.
Belle o brutte, comunque tutte piene dell’ebbrezza di vivere lontani per un po’, tornando a casa più grandi. Sono storie di Colonia e, come tutte, esistono solo se raccontate.