Ancora una fermata in sciopero, con l’adesione della quasi totalità di operai e impiegati reggiani, alla Comall di Sesso a Reggio Emilia, azienda del Gruppo FOM di Cattolica che ha dichiarato di voler lasciare sul territorio reggiano meno di quindici posti di lavoro invece degli attuali settanta.
Nei giorni scorsi le lavoratrici e i lavoratori dell’azienda facente parte del Gruppo FOM di Cattolica avevano chiesto alla Fiom Cgil di Reggio di inviare un messaggio all’azienda: disponibilità a sospendere ogni forma di mobilitazione fino all’incontro del 29 ottobre per dimostrare una apertura al dialogo costruttivo, purché l’azienda rinunciasse per qualche giorno a ritirare prodotti finiti e semilavorati.
L’arrivo a Sesso di un camion del Gruppo Fom pronto a caricare componenti e macchine quasi finite ha perciò portato le maestranze della Comall ad uscire immediatamente in sciopero, con assemblea e presidio davanti ai cancelli.
“E’ incredibile - afferma Alessandro Malagoli della Fiom di Reggio - che l’azienda non comprenda la reazione dei lavoratori e pensi che sia normale portare avanti l’attività in maniera ordinaria dopo aver comunicato che a Reggio Emilia resterà lavoro per meno di quindici persone delle attuali settanta”.
“Il Gruppo FOM di Cattolica è formato da sedici aziende, di cui otto in Italia (tra Reggio Emilia, Modena e Cattolica) con un bilancio consolidato che restituisce un incremento del fatturato da 138 milioni a 141 milioni di euro di ricavi dal 2022 al 2023 e attualmente ha circa 670 dipendenti nel mondo, di cui 69 a Reggio Emilia” – si legge nella nota sindacale.
La capogruppo F.O.M. Industrie S.r.l., insieme alle sue controllate italiane ed estere, è specializzata nella produzione di macchine utensili per la lavorazione dei profili in alluminio, leghe leggere e PVC, punzonatrici e prodotti di logistica, della relativa componentistica elettronica, hardware e software, e della loro commercializzazione sul mercato nazionale ed internazionale ed è stata fondata nel 1972.
“Al momento - prosegue la nota della Fiom - i lavoratori hanno votato un pacchetto di 40 ore di sciopero come strumento per esprimere alla Direzione Aziendale la propria paura di perdere il lavoro e il proprio dissenso rispetto alle scelte industriali del Gruppo Fiom sullo stabilimento reggiano”.
“La scelta dell’azienda di svuotare la fabbrica reggiana dei prodotti progettati, venduti e assemblati dagli stessi lavoratori che sta gettando in mezzo a una strada è stata vista come una provocazione - continua la Fiom - Vogliamo sperare che la Direzione sia mal consigliata e che non si renda conto ancora del dramma umano che sta causando a una cinquantina di famiglie del nostro territorio”.
Nei prossimi giorni verranno svolte assemblee anche nello stabilimento della BCR di San Felice Sul Panaro, anch’essa del Gruppo FOM, dove i lavoratori si stanno preoccupando anche per la propria condizione.
“La preoccupazione si diffonde lungo tutta la regione - spiega Simone Vecchi, Segretario generale della Fiom di Reggio Emilia - per la semplice ragione che ad oggi il Gruppo Fom ha mostrato solo un lato cinico, cioè tagliare posti di lavoro per mantenere la redditività dell’impresa, oggi a Reggio, domani a Modena, dopodomani a Cattolica. Se questo fosse davvero lo stile aziendale è normale preoccuparsi e le rassicurazioni di rito di certo non saranno credute dai lavoratori, abituati a giudicare i fatti e non le parole”.
Il 29 ottobre presso la sede di Unindustria Reggio Emilia si svolgerà un incontro tra i rappresentanti dei lavoratori e la Direzione Aziendale, lo scopo dell’incontro è affrontare la crisi temporanea dell’impresa con strumenti temporanei che non prevedano il trasferimento dei lavoratori a Cattolica, gli stessi che la Fiom di Reggio ha ribattezzato “licenziamenti mascherati” dal momento che nessun lavoratore avrà davvero la possibilità di andar a lavorare a 200 km di distanza.
“Restiamo fiduciosi - conclude Vecchi -. La Comall e il Gruppo FOM, come la maggior parte delle imprese metalmeccaniche, ha avuto una brusca frenata dei volumi produttivi, e questo può aver indotto il nuovo management a scelte drastiche senza tenere conto dell’impatto sociale, ma riteniamo che la Proprietà capendo la situazione potrà valutare scelte differenti”.
25.10.24