Sono circa 9 milioni gli italiani che nel weekend appena concluso hanno approfittato delle vendite di fine stagione per acquistare abbigliamento, calzature e accessori a prezzi di occasione, per una spesa media di circa 100 euro a persona. Le vendite più o meno sono in linea con lo scorso anno, con un giro d’affari complessivo dell’intero periodo dei saldi di circa 3,5 miliardi di euro, di cui quasi un miliardo nel primo weekend. L’evento saldi è ancora tra i più apprezzati dai clienti: il 55% dei consumatori ha infatti intenzione di compiere un acquisto entro la fine delle vendite di fine stagione estive, ad agosto (dati sondaggio Ipsos per Fismo, l’associazione dei negozi di moda Confesercenti).
“La speranza – commenta Fabrizio Vagnini, presidente di Confesercenti Rimini - è che si possa recuperare quanto è stato perso durante l’anno, sia per i commercianti che per i clienti, i negozi sono infatti pieni di merce e con i saldi si possono trovare buone occasioni”.
I negozi ancora preferiti. Per i saldi, il retail fisico resta in cima alle preferenze: il 69% dei consumatori acquisterà per i saldi anche in un classico negozio multimarca, mentre il 38% si rivolgerà a un’attività commerciale fisica mono-brand. Quote superiori a quelle dell’online. Purtroppo, però, la rete dei negozi si sta riducendo: rispetto al 2019, le imprese che vendono abbigliamento, calzature e accessori sono diminuite di -4.591 unità, al ritmo di 2 negozi spariti al giorno.
Cosa si compra. Anche in occasione di questi saldi estivi sono le calzature il prodotto moda più ricercato, tra gli scaffali e le vetrine si inseguono quest’anno molto le calzature tecniche, in particolare per il running, per il trekking e per il tennis. Seguono le t-shirt e top, pantaloni e gonne e maglieria estiva.
Nonostante i segnali positivi il quadro complessivo mostra alcune ombre, in quanto la variazione positiva in valore è di fatto annullata dall’inflazione, nonostante il rallentamento di quest’ultima. Anche se si registra un recupero del reddito disponibile, infatti, la spesa degli italiani stenta a ripartire. A confermarlo anche le stime Istat sul primo trimestre dell’anno: tra gennaio e marzo, a fronte di un aumento del reddito disponibile del 3,5% sul trimestre precedente, solo in minima parte eroso dall’inflazione (0,2 punti), la spesa delle famiglie è aumentata appena dello 0,5%. Questo significa che della crescita di 9,1 miliardi del potere d’acquisto solo 1,6 miliardi sono stati effettivamente destinati a nuovi consumi, mentre il saggio di risparmio è salito di ben 2,6 punti nell’arco di un trimestre. Ampliando lo sguardo in prospettiva storica ed escludendo l’eccezionale periodo dei lockdown, le famiglie italiane non manifestavano una disponibilità al consumo tanto bassa dal lontano 2009. Il consistente abbassamento della propensione al consumo può essere collegato alla necessità di ricostituire i risparmi bruciati durante due anni di alta inflazione, e anche al permanere degli alti tassi di interesse, che da una parte comportano una riduzione dei flussi di credito, dall’altra aumentano il rendimento del risparmio. La situazione dovrebbe migliorare gradualmente con il rallentamento dell'inflazione e il progressivo rinnovo dei contratti nazionali, e anche i saldi estivi potrebbero dare una spinta alle vendite non alimentari.