"Papa Francesco ha sottolineato che tutti possono contribuire all'azione missionaria. Lontano da ogni forma retorica, provo a scuotermi: il pontefice coinvolge anche chi non professa una religione o chi, a torto o a ragione, si sente nel peccato? Ma in che modo è possibile rendersi operosi in un’azione missionaria? Personalmente, posso condividere la mia testimonianza. Raccontare, cioè, della mia presenza in Bangladesh, dove vivo da oltre 25 anni. Un quarto di secolo comincia a farsi sentire: ho tentato di essere testimone di chi non ha voce per esprimere il proprio dolore; e di chi urla a gran voce, avendo paura di non essere ascoltato se sussurrasse, o con la consapevolezza di non esserlo, ascoltato, pur gridando ai quattro venti.
Tutti abbiamo bisogno di un faro, quando la notte ci appare buia, e di essere ascoltati, compresi e sostenuti. Il cuore ardente, tema di questa giornata missionaria mondiale, per me è proprio questo: trasformare la vita dalla tristezza alla gioia. In Bangladesh, quasi tutte le persone che si presentano presso la nostra associazione Pangono Pangono, prima ancora di un piatto di riso, fanno la stessa richiesta: "un po' di tempo, per essere ascoltati". Ascoltare significa fare spazio, dentro di sé, alla sofferenza dell'altro. L’ho imparato non da subito, ma col tempo. Tuttavia, in Bangladesh, si è spesso supportati da una fede ritualista e la risposta più immediata, è la seguente: preghiamo, affidiamoci a Lui a cui offrire le nostre pene!! Se, invece, si esprime una fede più pragmatica, allora, è naturale provare una sensazione di disarmo ma, al tempo stesso, di condivisione: piangi insieme a chi chiede di essere ascoltato. E da quell’occasione di empatia, lacrime o meno, si cerca di esserci e si creano i presupposti per avere i piedi in cammino, proprio a fianco ai più bisognosi.
Come facciamo a dire che amiamo Dio se non siamo in grado di amare la gente, soprattutto coloro che più cercano, con speranza, qualcuno che si accorga di loro? Amare rende la vita meravigliosa! Quando sono in difficoltà coinvolgo gli amici in Italia con un appello whatsapp. E mi accorgo di non essere mai solo e questo mi suscita tanta forza.
Anche in questi giorni sto preparando un messaggio: l’ente pubblico che verifica la regolarità del nostro edificio e dei servizi che offriamo ci ha opposto una contestazione: bambini e bambine, alla notte, dormono sotto lo stesso tetto. Per l’ente ciò è inammissibile: o creiamo case autonome o nei prossimi anni non mi rinnoveranno il permesso di lavoro per rimanere in Bangladesh. Ho qualche mese per adempiere questa richiesta. Piango con un occhio: ho un terreno dove costruire una nuova abitazione. Ma non ho le tegole da mettere sopra la testa. E chiedo agli amici: regalatami una tegola, ciascuno di voi. Per fare sì, grazie a dormitori distinti ed autonomi, che ogni cosa prosegua come è stata avviata, pensata, promossa. Poco fa, prima di scrivere, guardavo da fuori la prima casa famiglia realizzata: è una risposta concreta a tanti bimbi che hanno subito violenze, ed è già abitata da 30 cuori, 60 piedi in cammino. Abbiamo aperto 6 scuole, che accolgono oltre 1000 bimbi, un centro di fisioterapia e avviato un programma di sostegno psichiatrico per le persone con maggiore bisogno di supporto. Siamo quotidianamente in cammino perchè desideriamo andare incontro a chi grida la propria disperazione, certe volte persino tacendo, ma non facendo venire mai meno l’urlo strozzato nella propria anima. La missione, dunque, è per me questo camminare insieme all’altro. Se fossi da solo, sarebbe invece azione, più o meno utile, ma pur sempre un comportamento esclusivamente individuale, personale. Vissuto per l’altro e con l’altro è, invece, probabilmente, azione missionaria, proprio per come la intende papa Francesco: e riguarda non solo me, non solo chi si aiuta, non solo chi si lascia coinvolgere in questo sostegno, ma tutta l’umanità in cammino".
Rudi Bernabini Bangladesh
(La foto è tratta dalla pagina facebook di Rudy Bernabini)