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Cronaca 10:15 | 14/11/2020 - Romagna

Dispositivo anti contraccezione finisce in un polmone, ginecologo indagato

Il particolare dispositivo di contraccezione inserito in un braccio - una barretta monouso lunga quattro centimetri che impedisce l'ovoluzione per almeno tre anni - è poi migrato fino al lobo polmonare destro assumendo una posizione al momento non operabile per via dei rischi. Per quanto accaduto a una ravennate poco più che ventenne, un ginecologo di una clinica privata della città romagnola è stato indagato per lesioni colpose.

Per fare luce sull'accaduto, come riportato dalla stampa locale, ieri il Gip Janos Barlotti ha affidato una specifica perizia medico legale alla presenza sia degli avvocati del ginecologo (Giovanni Scudellari e Antonio Primiani) che di quello della ragazza (Luca Donelli) i quali hanno a loro volta individuato propri consulenti. La risposta ai quesiti del Tribunale verrà depositata entro 60 giorni. 
 L'inserimento del dispositivo risale al settembre 2017 quando la giovane si era presentata in clinica per cambiare il precedente sistemato nel 2014. Secondo l'esposto (Pm titolare del fascicolo Monica Gargiulo), a togliere il vecchio sarebbe stato il ginecologo il quale avrebbe poi lasciato l'incombenza del nuovo inserimento a una infermiera. Nel maggio scorso la giovane, lamentando vari problemi fisici, si era presentata anzitempo per la rimozione della barretta: ma lo stesso ginecologo non era più riuscito a trovarla. Solo una tac di inizio giugno aveva rivelato la nuova posizione. La giovane si era allora presentata all'ospedale Sant'Orsola di Bologna dove, dopo alcuni giorni di ricovero, le era stata per ora sconsigliata l'operazione per via dei rischi connessi. La ragazza, annichilita dalla prospettiva di dovere convivere con quella barretta migrante per il corpo che potrebbe anche precluderle la possibilità di diventare madre in futuro, si è quindi decisa a rivolgersi alla magistratura.