Agenti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Rimini hanno operato un maxi sequestro preventivo di attività finanziarie, beni immobili e beni mobili registrati da 7,3 milioni di euro, somma corrispondente al profitto del reato commesso da tredici soggetti dediti alla promozione e realizzazione, sull’intero territorio nazionale, di una struttura di vendita, asseritamente fondata sul network marketing, ma – in concreto – fondata sul mero reclutamento di nuovi soggetti, vietata dalla Legge 173/2005 in quanto conforme al sistema illegale delle «vendite piramidali».
L’operazione denominata “Cheope”, che si trova nella fase delle indagini preliminari, è stata diretta e coordinata dalla Procura di Rimini e ha permesso di individuare nel territorio riminese l’apice della rete di vendita di una società, avente formalmente sede a Milano e operante nel settore delle vendite “porta a porta”, la quale commercializzava i prodotti del proprio gruppo multinazionale (integratori alimentari) sull’intero territorio nazionale. Sono stati così denunciati 13 soggetti implicati come figure apicali della struttura di vendita piramidale e proposto, nei loro confronti, il sequestro preventivo ai fini della confisca, del profitto illecito quantificato in oltre 7,3 milioni di euro. Degli indagati, tutti incensurati, due sono cittadini sammarinesi, uno romano, uno foggiano e gli altri romagnoli (Rimini, Pesaro, Cesena).
Tale condotta, ripetuta negli anni, in considerazione del superamento dellimite oggettivo previsto dall’art. 10-ter del D.Lgs. 74/2000, ha integrato almeno allo stato delle indagini, un quadro di gravità indiziaria del delitto di Omesso versamento di IVA nei confronti del rappresentante legale.
Dal 2015, nella provincia di Rimini si era instaurato il primo nucleo di incaricati alle vendite (promoter) dell’impresa. Qui i leader fondatori della rete di vendita hanno cominciato l’attività di affiliazione e reclutamento che li ha portati a gestire, nel complesso oltre 10.000 persone. Tra queste figuravano sia persone in cerca di prima occupazione, e che hanno investito i propri risparmi per inseguire il sogno di scalare la gerarchia della struttura di vendite, sia persone che, illuse dal progetto, hanno addirittura abbandonato la precedente attività lavorativa; sono loro le reali parti offese del sodalizio criminale, spesso anche inconsapevolmente.
Il reclutamento avveniva sui social network, attraverso piattaforme digitali, ma principalmente nel corso di eventi in presenza e in grande stile presso strutture molto appariscenti e famose. Nel corso di tali incontri i vertici descrivevano il proprio successo e quello degli “ambassador”, soggetti che da zero e in poco tempo erano riusciti a scalare la struttura arrivandone all’apice, delineando e descrivendo le metodologie di ricerca di nuovi “adepti” e i risultati economici cui, di conseguenza, era possibile giungere.
L’indagine ha portato alla decodificazione del piano incentivi” che comprendeva tutte le varie tipologie di provvigioni riconosciute. L’approfondita analisi della documentazione acquisita e le informazioni raccolte hanno permesso scoprire le connotazioni, allo stato valutate illecite, sottese al complesso piano di incentivi con il quale venivano calcolate le provvigioni, che si sono dimostrate principalmente interconnesse all’attività di affiliazione di nuovi adepti, rispetto a quanto riconosciuto per la vendita di prodotti, che risultavano essere secondari o ininfluenti.
La pericolosità sociale della condotta è emersa anche con riguardo alla gestione che i promoter sponsorizzatori “enroller” in qualità di “uplink leader”, avevano dei soggetti arruolati nella propria “down line”; in conseguenza di ciò i primi determinavano le fortune dei propri iniziati decidendone le sorti nella scalata nel ranking aziendale e, conseguentemente, determinandone quelle finanziarie.
La società non aveva strutture operative in Italia, il suo core business – ossia le vendite di prodotti – veniva realizzato esclusivamente dagli incaricati alle vendite che erano, nel contempo, essi stessi clienti.
La connotazione illecita della struttura di vendita promossa e realizzata dagli indagati fa sì che questi siano stati indagati per la contravvenzione in argomento. Conseguentemente, le provvigioni percepite sono state considerate dal GIP profitto del reato per il quale è stato emesso il provvedimento.
Le operazioni sono in corso con la collaborazione di altri 5 reparti del Corpo che stanno operando simultaneamente su parte del territorio nazionale.