Se ancora ci fossero dei dubbi, la sentenza di oggi della Corte di Giustizia europea ha contribuito a dipanarli definitivamente. Il verdetto, che abbiamo iniziato a studiare nel dettaglio, già ad una prima lettura pare non lasciare spazio interpretazioni: come scritto a chiare lettere nel comunicato della Corte Ue che sintetizza la sentenza, la direttiva Bolkestein “si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo”. Si mette quindi nero su bianco, per l’ennesima volta, un dato di fatto assodato: i titoli devono essere necessariamente riassegnati attraverso procedure selettive e i rinnovi automatici delle concessioni vanno considerati illegali. Aspetto, quest’ultimo, su cui si era già espresso in maniera perentoria il Consiglio di Stato, imponendo lo stop allo stillicidio di proroghe che si sono succedute negli anni. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, se non fosse che, ora più che mai, la definizione dei decreti attuativi per definire i bandi diventa una urgenza, da porre in cima all’agenda politica del Paese.
Un significativo passaggio conclusivo della nota della Corte Ue che accompagna la sentenza, oltre a sottolineare che l’obbligo di applicare “una procedura di selezione imparziale e trasparente, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva ”Bolkestein, aggiunge che “poiché tali disposizioni sono produttive di effetti diretti, i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicarle, e altresì a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi alle stesse”.
E’ giunto quindi il momento di uscire dall’empasse e dal continuo gioco di rimpalli cha segnato questa vicenda, se non si vuole mettere nell’angolo un settore economico fondamentale per il Paese come quello del comparto dei balneari, ancora senza certezze, nonché gli stessi i Comuni, a cui spetta il compito di emanare le evidenze pubbliche e che rischiano di rimanere con il cerino in mano, compressi tra scadenze strettissime e mancanza di indicazioni chiare da parte del Governo.
Ora dobbiamo tutti correre, se non vogliamo arrivare alla fine dell’anno con l’acqua alla gola ed esposti alle conseguenze che il mancato rispetto della direttiva comporta. Anche l’evocato tavolo di consultazione tra governo ed enti locali per entrare nel merito dei decreti attuativi, che sollecitiamo da mesi, rischia di arrivare fuori tempo massimo. E sappiamo bene che è quello il passaggio decisivo per costruire gare che rispondano ai criteri definiti dell’Europa e che trovino una sintesi tra l’apertura trasparente al mercato e all’innovazione e la tutela delle imprese e dei lavoratori che hanno investito nelle nostre spiagge.
Il Comune di Rimini dal canto suo ha cercato di accelerare sulle partite di sue competenza, a partire dal nuovo piano dell’arenile, strumento urbanistico che come ovvio dovrà intrecciarsi ed integrarsi con le evidenze pubbliche. Vogliamo arrivare all’estate con il nuovo piano pronto, in modo da poter poi avviare il percorso partecipativo, raccogliere le diverse osservazioni, e approvare definitivamente lo strumento che consentirà di stimolare la rigenerazione della spiaggia anche in coerenza con il Parco del Mare. E che sarà soprattutto l'opportunità per i privati di investire sull'innovazione del prodotto turistico, di cui abbiamo bisogno se vogliamo davvero essere competitivi e attrattivi anche sul piano internazionale. Noi stiamo correndo, ma ci auguriamo che non sia una corsa solitaria e contro vento”.