Pubblichiamo integralmente la lettera aperta della sindaca di Riccione Daniela Angelini a seguito della richiesta di archiviazione da parte della Procura della Repubblica di Rimini sulla tragedia della stazione di Riccione costata la vita ad Alessia e Giulia Pisano.
"Mi è capitato anche l'altra sera, durante un incontro in biblioteca, di dovere chiedere a un signore il favore di portare rispetto a Giulia, Alessia e ai parenti delle vittime della tragedia accaduta lo scorso luglio in stazione a Riccione. Rispetto sarebbe dovuto significare silenzio, soprattutto nei momenti successivi all'incidente ferroviario che ha strappato la vita a due ragazzine. E sarebbe dovuto significare anche evitare illazioni, ricostruzioni fantasiose su un presunto tentato suicidio, sul presunto stato di alterazione delle due vittime e anche evitare la colpevolizzazione dei genitori. Sarebbero state rispettate queste ragazze se i testimoni indiretti e mediatici di questo dramma che ha colpito tutti al cuore si fossero limitati a stringersi in maniera composta attorno ai loro cari. Invece no, a migliaia sono voluti salire sulla cattedra dei social network, volendo impartire lezioni di morale, su come si fa i genitori, su come si educano e puniscono i figli, dando credito al verosimile senza curarsi se corrispondesse o meno al vero.
Siamo stati costretti, in quei giorni di lutto, a bloccare i commenti sulla pagina Facebook Città di Riccione, violentata da parole vergognose, irresponsabili e false. E abbiamo persino dovuto assistere, nelle ore successive, a un fenomeno che forse meriterebbe di essere indagato da degli psicoterapeuti: migliaia di persone stavano commentando i post in cui veniva riportata la notizia che il Comune di Riccione aveva deciso di bloccare i commenti. Un delirio collettivo che aveva assunto le sembianze mediatiche di un inarrestabile fiume in piena.
Conforta non poco constatare che la Riccione reale, quella vera e che frequento, composta da persone in carne e ossa, al contrario, ha saputo abbracciare la famiglia Pisano e rispettarne un dolore che, pur essendo madre, non riesco neppure a immaginare.
Conforta inoltre tantissimo la verità giudiziaria, le conclusioni a cui è giunta la Procura della Repubblica dopo avere esaminato attentamente le circostanze ambientali e raccolto tutte le testimonianze possibili: Giulia e Alessia non erano drogate né ubriache, né tantomeno avevano intenzione di uccidersi. Non sarebbe cambiato nulla, il vuoto lasciato dalla loro perdita sarebbe stato comunque incolmabile, però credo che questa verità fosse dovuta alla famiglia, innanzitutto.
Conoscono a sufficienza il funzionamento dei meccanismi dell'informazione per sapere che purtroppo, dopo mesi di processi nel tribunale di Facebook - che ha facoltà di emettere sentenze immediate e totalmente scollegate dalla realtà degli accadimenti -, la memoria di Alessia e Giulia continuerà a essere macchiata dai dubbi e dalle supposizioni. Si chiama "post verità" e non mi illudo che possa essere superata, nel 2023, dalla verità autentica. Posso solo inchinarmi di fronte alle parole di Vittorio Pisano, il padre di Giulia e Alessia: "Vorrei che da questa disgrazia, da questa immensa perdita, si potessero trarre nuove energie per plasmarla in amore puro. Affinché da questo vuoto, da questa banalizzazione del male, dal cinismo della disperazione, possa nascere e crescere rigoglioso l'amore verso il prossimo; uno spirito nuovo che possa infondere nella comunità speranza e fiducia. Perché le bimbe, le mie bimbe, le nostre bimbe, i nostri angeli, non siano arrivati in cielo invano".
Cronaca
12:54 - Romagna