“It’s a good time”, il progetto pensato dal Coordinamento pedagogico del Comune di Rimini per introdurre la lingua inglese fra i campi di esperienza delle scuole d’infanzia comunali supera con successo il primo bienni sperimentale e si candida a diventare parte integrante dell’offerta educativa riminese per più di mille bimbe e bimbi riminesi. Una sperimentazione che in questi due anni educativi ha anticipato e integrato quella regionale sui nidi, grazie ad una innovazione pedagogica e didattica senza precedenti in Italia. L’idea da cui è nata, non è quella di trasmettere nozioni o di impostare una didattica finalizzata all’apprendimento dell’inglese, approccio che sarebbe inadeguato all’età dei bambini. L’obiettivo è piuttosto quello di esporre i bambini alle sonorità della lingua inglese nei momenti di vita quotidiani, in una modalità motivante e piacevole, che si basi su un’immersione naturale ai suoni ed ai significati delle parole, favorendo le modalità in cui i bambini imparano naturalmente le lingue madri.
In questo primo biennio sono state coinvolte dalla sperimentazione tutte le sezioni di tutte le scuole d’infanzia comunali di Rimini a gestione diretta (quest’anno frequentate da 1.256 iscritte e iscritti) per un periodo di quattro mesi ogni anno. Le esperte linguistiche hanno collaborato con le insegnanti, portando l’inglese dentro le attività quotidiane, con una contaminazione verbale (rivolgendosi alle bimbe e bimbi in lingua inglese, con il rinforzo in italiano, dove necessario, delle insegnanti), visiva (con cartelloni, pannelli e anche giochi in lingua) e anche emotiva.
La sperimentazione ha avuto valutazioni positive sia da parte delle insegnanti e delle esperte, che dalle famiglie. L’obbiettivo è quello di lavorare per rendere strutturale questa sperimentazione, anche attraverso la ricerca di fondi e finanziamenti regionali e nazionali.
“Penso che da Rimini venga la migliore risposta – sottolinea Chiara Bellini, vicesindaca con delega alle politiche educative del Comune di Rimini – a chi, nel Governo, propone addirittura di vietare l’utilizzo di parole straniere. La nostra sperimentazione mostra, al contrario, come la lingua inglese potenzi anche la conoscenza dell’italiano, arricchendo il patrimonio linguistico delle nostre piccole e dei nostri piccoli. La sperimentazione proposta nelle nostre scuole per l’infanzia è, nei fatti, un tentativo di realizzare un'equilibrata convivenza tra le esigenze di internazionalizzazione e la pur legittima attenzione ad una lingua così ricca come la nostra. Gli anglicismi – ci ricordano dall’Accademia della Crusca - sono realmente sempre più diffusi nella lingua italiana: quasi 9 mila quelli presenti nel dizionario della Treccani su circa 800 mila parole in lingua italiana, ossia lo 0,01%. Ce ne sono anche nell'uso comune: spending review è taglio della spesa pubblica, lockdown confinamento. Certo, serve equilibrio e buon senso perché, se è vero che nel proprio dizionario una lingua di cultura ricca come l’italiano può trovare sempre le risorse giuste per evitare l’uso dell’inglese, lo è altrettanto che molti di questi termini hanno una circolazione europea, se non addirittura globale. Partire dai più piccoli significa porre le basi per adulti più consapevoli dell’importanza della parola, scritta e parlata, potenziando il proprio italiano mentre ci si apre al mondo, grazie all’internalizzazione dell’inglese”.