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Opinioni 16:49 | 22/07/2019 - Dall'Italia

Alpinista ferito in Pakistan, la notte di Carlalberto e Francesco

La notte di Carlalberto Cimenti e Francesco Cassardo, i due alpinisti coinvolti nell’incidente sulle montagne del Pakistan che ha visto Francesco precipitare per 500 metri durante una escursione, è stata la stessa notte. E’ scesa drammaticamente lenta, in una solitudine senza fine, fredda e silenziosa. Il mondo era lontano ma i due ragazzi erano profondamente vicini. Nell’insicurezza sono diventati l’uno lo specchio dell’altro. La vita e la morte si sono specchiate reciprocamente, nonostante il buio. E nel silenzio Francesco, gravemente ferito, ha potuto sentire il rumore della vita nell’abbraccio dell’amico che lo ha scaldato per proteggerlo dal freddo. “Ti riporto a casa, te lo prometto” (Carlalberto). Si è creata così una forma sola, la stessa. I ragazzi hanno così abbandonato l’oscurità, l’hanno lasciata ad aspettare, in attesa del mondo. Erano diventati una sola sostanza indissolubile che si affannava a tenere lontano il rumore della morte; era già troppo il suo riflesso. E in quella lotta, segnata da una promessa a 6300 metri dall’altezza, devono aver realizzato che nessun luogo è veramente lontano quando al centro c’è un’unica anima. E che da quella vetta potevano controllare il crepuscolo, potevano scrutarne il volto paziente e rasserenante di chi aspetta, ma con la certezza che tanto poi arriva la luce. Uno specchio sicuro. A quel punto, in quel caldo abbraccio, devono essersi specchiati con la notte. Imitando l’orizzonte, hanno aspettando il giorno. Francesco è stato portato in salvo da un elicottero e ricoverato all’ospedale di Skarku. Si è separato da Carlalberto, tenendosi però il suo riflesso di vita. Entrambi aspetteranno ancora la notte, la stessa.

Stefania Bozzo