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Opinioni 13:38 | 14/07/2020 - Dall'Italia

Artemisia Gentileschi e le spose controvento

Artemisia Gentileschi, la nota pittrice nata a Roma l’8 luglio 1593, non avrebbe sicuramente appoggiato la manifestazione svoltasi nella sua città da parte di un gruppo di spose che richiedevano a gran voce “Rivogliamo un matrimonio da favola!”. L’artista caraveggesca, famosa per il suo coraggio dopo aver denunciato lo stupro da parte del pittore e amico del padre Agostino Tassi, è senza dubbio la prima femminista della storia. Sicuramente sarebbe scesa in piazza, ma per urlare contro la violenza domestica subita dalle donne, contro lo sfruttamento della prostituzione di cui sono vittime tutt’oggi migliaia di ragazze, contro l’abuso legato a pratiche assurde come l’infibulazione. E la lista sarebbe lunga. La rivendicazione per “un matrimonio da favola” contro le restrizioni da Covid, in piena crisi mondiale sanitaria e con tutte le pressanti problematiche etiche sociali e ambientali a cui si dovrebbe dar voce, è uno stupro al buon senso. Una deriva, più che una conquista. Quelle ragazze si sono fatte carico di una protesta che va contro la storia, si muove dalla parte opposta. Spose controvento, che invece di celebrare comunque l’amore silenziosamente, rivendicano un diritto che offende chi ha fame di diritti veri. Donne che urlerebbero “Rivogliamo la nostra dignità”, ma costrette a ribellarsi solo nell’animo. Donne martiri della storia.

“Autoritratto come martire” è un piccolo dipinto a olio su tavola realizzato da Artemisia Gentileschi nel 1615. Come al solito è lei la protagonista assoluta del suo quadro, il suo volto roseo e pienotto ci osserva. Nella mano destra tiene la “palma del martirio”, vuole che la guardiamo, sembra volerla inneggiare contro ogni stupro. Per lei, per tutte le donne, per il buon senso.

Stefania Bozzo